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L'ANGELO DEL MALE regia di Jean Renoir

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dobel     9½ / 10  15/12/2009 09:54:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il titolo originale del film è 'La bestia umana'; ma chi è la bestia a cui si riferisce il titolo?
I personaggi descritti sono tutti delle 'bestie'. Il male è anatomicamente in loro; la componente bestiale, se nel personaggio interpretato magistralmente da Gabin è evidente e immediata, è presente con sfumature differenti in tutti gli altri. Severin è il male che genera il male nel prossimo; il marito di lei è il male che uccide per convenienza e gelosia e che si abbandona allo 'schifo' al quale rimarrà per sempre appiccicato; il padrino di lei, personaggio che quasi non vediamo, è il male che si serve del prossimo per soddisfare il proprio piacere in cambio di protezione e favori; Lantier è il male ereditario e per questo, forse, meno colpevole. E' il male che non può essere controllato, incosciente, involontario... quando prende coscienza di se' decide di annientarsi.
I personaggi di quest'opera sono immersi irrimediabilmente in una vita che non lascia scampo, e nella quale non si può aspirare ad una felicità sulla quale non si stagli alcuna ombra. La vita è una prigione nella quale il male si impadronisce in qualche modo di noi e, malgrado i nostri sforzi e malgrado si desideri di affrancarsi dal proprio passato, quello ritorna inesorabile e la nostra colpa e la colpa dei nostri padri non ci lascia scampo.
Il film di Renoir è l'ennesimo capolavoro; girato come un noir, con una fotografia notturna e meravigliosa, è un'analisi lucida dei tanti modi in cui il male vive e si manifesta in noi e attorno a noi. I personaggi che incontriamo e che seguiamo nel film, li incontriamo ogni giorno; spesso siamo noi stessi a manifestare quei sintomi.
Il treno che corre è un po' come il fiume dell'omonimo film: la vita passa, la gente nasce, vive e muore mentre il mondo trascorre immutabile.
Il treno è una metafora del viaggio della vita esattamente come il fiume. Pochi decenni dopo il poeta della beat generation Lawrence Ferlinghetti scrisse una bellissia poesia, "La lunga strada", adottando la metafora del treno sul quale si sale e si scende, si incontrano persone e si vedono paesaggi.
In questo film la presenza del treno restituisce allo spettatore la sensazione dello scorrere impassibile dell'esistenza, una costante in seno alla quale si consumano drammi e miserie.
USELESS  15/01/2010 16:29:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ma lo hai letto il libro di Zola che non vedo citato?
dobel  16/01/2010 08:50:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il libro di Zola non l'ho letto. Ho voluto scrivere del film e giudicarlo di per se stesso e non come dipendente da un'opera d'arte che lo precede.
In fondo non mi interessa sapere quanto abbia mantenuto del romanzo o quanto lo abbia tradito; mi interessa solo il film come opera indipendente e in che modo questo sia stato realizzato.
Non ho menzionato che sia stato tratto dal romanzo di Zola perché tutti i commenti precedenti lo hanno fatto, e quindi l'ho ritenuto un dato acquisito.