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THE OTHERS regia di Alejandro Amenabar

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Invia una mail all'autore del commento LukeMC67     9 / 10  09/05/2011 01:50:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Chi sono gli altri?
Siamo certi che tra morti e viventi ci sia così tanta voglia di comunicare e di conoscersi?
Su queste domande affatto retoriche e superficiali, Alejandro Amenabar costruisce uno dei soggetti e una delle sceneggiature più belle mai scritte per il cinema con un colpo di scena finale che da solo vale l'intero film.
Sì, perché "The Others" è un thriller pressoché perfetto con in più il notevole pregio di non ricorrere mai (tranne in una breve sequenza) a nessun effetto speciale granguignolesco: di fatto non scorre una sola goccia di sangue per tutta la durata del film. Eppure fa paura, eccome! Una paura dettata dall'angoscia, dalla claustrofobia esaltata dal buio nel quale sono costretti a vivere gli sfortunati bambini protagonisti della vicenda (grandissima la fotografia crepuscolare che rende inquietante l'invasione della finale irruzione di luce). Una paura istillata ad arte da una sceneggiatura a prova di bomba, realizzata da una regia accuratissima e ferma, da un'ambientazione davvero inquietante, nonché da attori in autentico stato di grazia (e bambini "posseduti" dai loro personaggi).
Con un abilissimo gioco di ombre, prospettive e di montaggio, attraverso una recitazione che varia dal misuratissimo (i tre domestici) all'ansiogeno (una Kidman che qualcuno prima di me ha giustamente definito "hitchcockiana") e soprattutto grazie ad un uso smodato di azzeccatissime musiche ed effetti sonori messi ad arte nei momenti più "strategici" del film, "The Others" è una autentica lezione di cinema che fa effetto anche dopo ripetute visioni.
Con una Kidman forse un po' troppo sopra le righe rispetto a tre bambini strepitosi e ai domestici interpretati da tre consumati attori di teatro che ne restituiscono perfettamente il coté ambiguo, "The Oters" è un magniloquente esercizio di stile che mantiene tutte le promesse del genere con grande rigore e intelligenza narrativa senza mai uscire dai solchi della classicità più severa della messa in scena, più vittoriana della villa in cui si svolge la vicenda.
Bravo davvero, Amenabar!