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LA CITTA' DELLE DONNE regia di Federico Fellini

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  01/07/2007 14:33:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' vero: l'invettiva di Fellini (potrebbe fare il paio con il ben più moderno Ferreri dello stesso periodo, quello che sovrastava lo schermo con la tematica della crisi contemporanea dell'uomo) ha il sapore proprio di una contemporaneità tardiva: echi di quel femminismo nichilista (soprattutto o solo di sinistra) avevano già fomentato piazze e discussioni negli anni precedenti, con le loro battaglie referendarie, con il loro vettore post-rivoluzionario.
L'ambiguità del film è quella di dover assecondare Fellini come cineasta aperto alle tematiche giovanili, ai fenomeni di massa, come è accaduto con l'affresco di "Roma" (ieri e oggi, aggiungo io), mentre in realtà siamo di fronte a un regista la cui dissacrazione fomenta soprattutto uno spirito conservatore, per non dire sottilmente democristiano.
Lo Snaporaz di M. è un'altro tassello dell'autoreferenzialismo che ha avuto i suoi esordi con l'intramontabile "Otto e mezzo".
Qui l'uomo è vittima delle sue contraddizioni, e non a caso celebra un'alter-ego (o no?) come Ettore Manni che, nel pieno di questo inferno kafkiano para-femminista, contempla la sua brutale consumazione orgiastico-fisica: eccessivo e magari a tratti delirante nel suo subconscio, "La città delle donne" ha comunque il merito di essere un film visivamente ricchissimo, quasi abbacinante nel retaggio circense che riguarda l'esposizione nuda e cruda dei difficili rapporti tra uomo e donna.
Un film molto discusso, successore di poco a quel Casanova che celebra il Vizio di vivere come apologia del bulimismo maschile, non a caso