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I RACCONTI IMMORALI DI BOROWCZYK regia di Walerian Borowczyk

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elio91     8 / 10  12/12/2014 10:57:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
4 raccontini erotici di grande impatto estetico, mai rozzi, mai pornografici.
Ho notato che chi ha visto la versione corretta e originale (ma anche chi ha visionato quella italiana monca e sovvertita senza senso) tende a promuovere di solito un solo episodio dei 4 (quello della contessa con Paloma Picasso) e più o meno a bocciare uno dei restanti.
Nell'ordine da me visionato ("La marea", "Theresa filosofa", "La contessa Bathory" e "Lucrezia Borgia") soltanto con l'ultimo si comincia ad avvertire una sorta di stanchezza dovuta alla monotonia inevitabile del tema trattato.
Per contro, Borowczyk è un maestro, altro che Tinto Brass! Chi ha visto assonanze col Salò di Pasolini nell'episodio della contessa sanguinaria sbaglia: qui il regista polacco rende sensuale e delicato persino un bagno nel sangue; i corpi nudi delle fanciulle, che in una sequenza indimenticabile sembrano "scalare" quello della contessa distesa sul letto, soltanto quando diventano furie lasciano intravedere un certo orrore, peraltro subito mitigato. Il sadismo, persino con un personaggio storico controverso come quello della Bathory, è sullo sfondo. Gustoso poi il finale, in cui è la stessa contessa (interpretata magistralmente da Paloma Picasso) a cadere vittima di giochi sessuali e di potere a lei ignoti, stordita com'era dall'ebbrezza lesbica, dalla carne giovane, dai corpi in cui annega(va).
Il secondo episodio su Teresa Filosofa è altrettanto valido: Borowczyk inscena una tempesta ormonale mostrando nient'altro che un atto di autoerotismo sulla carta volgarissimo, e che rende invece tremendamente eccitante e spaventoso. Un uragano orgasmico.
Il primo episodio, "La marea", è a mio parere un capolavoro di grande gusto e da pelle d'oca: dove il sesso orale e la natura comunicano, e una ragazza scopre il suo corpo e il sesso. Molto delicato.
Il quarto è forse il meno riuscito. "Lucrezia Borgia" ricalca lo stereotipo incestuoso tra il padre papa e la figlia, inserendo anche un velo di zoofilia (solo tramite i disegni dell'enorme membro di un cavallo). Mentre compiono i loro atti lussuriosi, Girolamo Savonarola urla ai quattro venti la corruzione della Chiesa di Roma, poi viene preso di peso e bruciato sul rogo (immagino Machiavelli sullo sfondo che ghigna, avendo capito da subito la fine dell'apocalittico ma moralmente ineccepibile visionario) mentre il potere celebra il suo trionfo. Ecco, lo sguardo di Borowczyk è quello del bebè nell'ultima scena: limpido, pulito, sorridente e gioioso senza un vero perché.
Tutto ciò che riguarda il sesso è gioia, ora terribile, ora infantile, ora sadica, ora voluttuosa. Il connotato di "immoralità" è tradito dall'autore polacco: non sembra trovare requie in un mondo festoso dell'eros. L'immoralità è dei soliti benpensanti, che ancora oggi non riescono a capire fino in fondo la bellezza e la poetica del suo cinema profondamente didattico e surrealista.
Come scritto, molto diversa questa festa erotica dalle scemenze del Tinto Brass più conosciuto (tolta "La chiave"): al contrario volgari, onaniste, bambinesche, poco raffinate. Borowczyk è un pittore eccitato senza pennello e tavolozza, ma con una macchina da presa. Prima del declino che gli ha quasi rovinato la reputazione, fu un grande autore, ancora oggi poco stimato purtroppo. I corpi nudi portano con sé imbarazzo anche quando non dovrebbero.