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LE VITE DEGLI ALTRI regia di Florian Henckel von Donnersmarck

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Nemo_bis     9 / 10  10/08/2007 16:43:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi è piaciuto molto. La sala era piena per un terzo (stranissimo per agosto: tutte le altre erano vuote), e ho visto che erano tutti soddisfatti, alla fine.
[Unico commento tecnico: ottimo il finale, che ci risparmia il ricongiungimento strappalacrime fra Wiesler e Dreyman.]

Dopo questo giudizio a pelle, serve qualche approfondimento. Infatti i personaggi non mi sembrano affatto stereotipati, bensí problematici, come l'opera e il suo messaggio nel complesso.
Personalmente, nell'agente Wiesler ho visto il visionario idealista, in questo caso comunista, che ad esempio si scandalizza per gli scherzi e la superficialità del suo superiore Grubitz, ma soprattutto per la decadenza dello Stato comunista (e del comunismo in sé, forse), rappresentato dal ministro Hempf, membro del comitato centrale grasso, brutto, corrotto, puttaniere e incapace.
In questo senso, Wiesler non si converte affatto: continua a perseguire l'ideale della Giustizia e della Verità, ma piuttosto capisce che lo Stato comunista, guidato da personaggi come Grubitz e Hempf, non risponde piú a questa esigenza, ma non vuole fare l'eroe; semplicemente, impedisce al Partito di commettere quello che per lui è un errore, ma non mette in discussione il suo potere o la sua legittimazione, non fa il (contro)rivoluzionario, ed è per questo che alla fine si adatta a fare il postino. Oppure, si può pensare che, completamente disilluso, si rinchiuda nella propria coscienza; ma non sembra questo il piano privilegiato del film, che è concentrato sulle vite singole piuttosto che sulla macrostoria, rappresentata soltanto dall'articolo sui suicidi.

La domanda è: il risultato è una condanna dello Stato comunista? Prima di tutto, mi sembra del tutto falso che si voglia rappresentare uno Stato da Panopticon o Grande fratello stile 1984: questa è solo una storia individuale, e niente nel film fa supporre che tutta la popolazione sia sottoposta a un trattamento simile (senza contare che la Stasi si dimostra fallibile, anche senza eroi: il Partito e lo Stato non sono macchine perfette, perché la perfezione logica non esiste e non è possibile nella vita [sembrano i commenti di Razumichin in "Delitto e castigo"]: forse anche questo è un messaggio collaterale).
Quello che realmente appare di negativo è la gratuità della sorveglianza contro Dreyman, dovuta solo ai meschini interessi personali di Hempf, che rappresenta lo Stato e il Partito ed è tendenzialmente l'unica figura del tutto negativa (forse in un modo in effetti esagerato: era davvero tanto terribile la DDR, o c'è in questo una banalizzazione anticomunista?).
Ma anche qui c'è un dubbio: il suo corteggiamento a Martha è brutale, certo, però anche lei lo è con lui, perché lo vede sempre solo come membro del Comitato centrale e non come essere umano; dopotutto Hempf è un uomo solo che è rinchiuso nel proprio ruolo di spietato esercitatore del potere dispotico per il solo fatto che gli altri interpretano in questa chiave ogni sua azione: potrebbe davvero essere sincero e umano con qualcuno? Con chi si potrebbe confidare, chi parlerebbe con lui come a una persona, chi lo comprenderebbe, chi lo amerebbe disinteressatamente, chi non lo rifiuterebbe, chi non sarebbe pregiudizialmente e irrevocabilmente diffidente e timoroso con lui? No, anche lui forse è prigioniero della Storia.
E con lui, l'intero regime comunista che rappresenta: il messaggio potrebbe essere che il socialismo reale ha avuto effetti disastrosi, che però non sono dovuti a Satana, al Male o a chissà che cosa, bensí sono scaturiti da persone generalmente normali. Insomma, l'URSS non è l'anticristo che una volta sconfitto apre la strada all'eterna gloria. Che è un po' l'ideologia di 1984 (che proprio in questo rivolgersi all'Occidente è stato sottovalutato, mentre non vedo come si possa definire sottovalutato "La fattoria degli animali", uno dei romanzi piú strumentalizzati a fini propagandistici, che fu stampato se non ricordo male in mezzo milione di copie contro poche migliaia degli altri libri di Orwell).

E infine, ci si chiede se si condanna il comunismo come ideologia, o si sostiene la solita tesi del "è stato applicato male". Questo non lo so, però quel che è certo è che non viene mai messo in discussione; tendo a credere però che sia soprattutto perché questo piano interpretativo è completamente escluso dall'opera, che non si occupa molto della macrostoria.