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DUE CONTRO LA CITTA' regia di José Giovanni

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Invia una mail all'autore del commento anthonyf     10 / 10  08/05/2012 09:43:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un superbo e toccante dramma-denuncia di José Giovanni sulla vita di un uomo comune, ucciso sia fisicamente che interiormente da un nemico imbattibile ed invisibile: l'Ingiustizia. Questo film di Giovanni, sicuramente il suo capolavoro, è un amarissimo affresco sulla Vita, sulla Giustizia e sulla Pena di Morte, un film di rara poesia ed intensità, che forse vorrebbe fermare il tempo, ma che, inevitabilmente, non riesce nel suo 'impossibile intento', lasciando al suo malinconico epilogo un'enorme tristezza nello spettatore, ma anche una serie di ottimi spunti di riflessione da seguire sempre e ovunque durante la propria esistenza. Un film che denuncia coraggiosamente la Corruzione, l'Errore Giudiziario, la Tentazione, il Pregiudizio e la Redenzione, un'amarissima riflessione sull'impotenza della protesta, rappresentata dalla figura meditabonda e combattuta di un immenso Jean Gabin, e sul futuro distrutto, raffigurato, invece, da un intensissimo Alain Delon, mai così in forma in un film. Da segnalare è anche l'interpretazione di un magistrale Michel Boquet, purtroppo in un ruolo profondamente negativo, quello del poliziotto privo di valori morali e di regole nel suo mestiere, che, involontariamente, per la sua ostinata voglia di credere in una realtà diversa da quella che è veramente, cagionerà la Morte di un giovane, pentito delle sue colpe commesse in passato, che inevitabilmente dovrà affrontare per il comportamento dell'ispettore il suo futuro bruciato, comparendo dinnanzi ad un processo giusto, ma portato avanti in modo scorretto. A nulla servirà il ricorso in appello di un anziano Gabin, oramai stanco di tutto e di tutti, impotente e rassegnato davanti all'Ingiustizia che lo circonda, che, dopo l'esecuzione di una persona a lui cara, tornerà a casa a piedi, assorto nelle sue miriadi di pensieri, mormorando le seguenti parole: "Mi rendo conto che la Giustizia si è trasformata solo in una macchina per uccidere". Parole dure, crude, acri, ma purtroppo ancora oggi vere: nei Paesi ove vige la Pena Capitale, le parole di Gabin trovano inconsapevolmente veridicità. Mai un film mi ha così tanto colpito. Una regia di José Giovanni insuperabile, con un attentissima e profonda analisi psicologica dei personaggi, in cui i loro sguardi privi di espressioni, i loro gesti frenetici e i loro pensieri mandano avanti il film, in un inesorabile ritratto della Francia degli anni '70. Ma questa impronta realistica delle vicende, viene anche sormontata da una certa allegoria nella narrazione che, porge davvero il quesito, se la storia di Gino, il protagonista del nostro fortissimo dramma, sia reale o sia soltanto di pura fantasia. Un film che oltre alla recitazione straordinaria (tra cui compare anche un giovane Gérard Depardieu) riesce ad infondere in un ogni suo personaggio una propria simbolicità: Boquet rappresenta la Tentazione, un vero e proprio Satana metafisico; Gabin raffigura invece con la sua figura anziana e disincantata, quasi cinica, l'Impotenza in persona, il Rammarico per il proprio non-potere; Delon, infine, incarna magistralmente la Purezza d'animo, ostacolata dal pregiudizio, nonché la Redenzione (fallita) e di conseguenza, la Disillusione. Da mozzare il fiato è la sequenza finale, in cui Delon, prima dell'onda travolgente, con il cuore palpitante, avvicinandosi all'oggetto che lo spegnerà, che forse gli farà cessare di provar dolore e sofferenze, si volta con gli occhi umidi di bambino verso Gabin, e quest'ultimo di rimando, quasi con vergogna, lo fissa per alcuni istanti; poi, forse, ucciso anch'egli interiormente, non per la sua sconfitta personale, ma per la sconfitta della Giustizia, abbassa gli occhi verso terra, per non guardare la messa in atto nella sentenza. Poi, distrutto e rammaricato, tornerà a casa a piedi, riprendendo la dinamica della sequenza iniziale e raccontando tutto il film in un unico, toccante e malinconico, flash-back. Una delle ultime straordinarie prove che ci ha regalato Jean Gabin al crepuscolo della propria esistenza, un film che rispecchia veramente i pensieri e la disillusione di una persona, oramai avanti in età, che ha lottato una vita per vivere e per far sì che nel mondo esista la Giustizia, ma, deluso e amareggiato, darà le sue dimissioni, non prendendo quindi la pensione che di diritto, gli spettava per i suoi 27 anni di lavoro nelle carceri come ri-educatore.
Un gioiello da tenere in ogni filmografia, come al solito, mai uscito in dvd in Italia.
RIP GABIN