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LETTERE DA IWO JIMA regia di Clint Eastwood

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julian     7½ / 10  12/02/2010 03:14:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Dovrebbe pulire i fucili, non gli stivali".

Tutto d'un fiato Eastwood dirige un dittico su Iwo Jima, prima dal punto di vista degli americani poi dal punto di vista dei giapponesi; la cosa che si può notare è che, da entrambi gli schieramenti, i protagonisti sono sconfitti, ribadendo così il messaggio di una lunga tradizione di cinema (anti)bellico nel quale altro non si fa che rappresentare i forti danni che la guerra provoca nella società e nell'individuo.
Il film dipinge la retorica tipica di ogni forma di patriottismo, secondo la cui logica ogni uomo dev'essere pronto a morire per il proprio stato, per un disegno che gli è superiore e lo sovrasta, senza sapere il quando, il come, nè il preciso perchè; uno sciocco sentimento ingiustificato, verso un'entità invisibile quale è lo stato verso il singolo cittadino, che porta ad estremi atti di stupidità, come il suicidio di massa.
I soldati non sono professionisti del mestiere e, come tali, conservano i loro affetti, le loro debolezze e i loro sentimenti in campo di guerra, là dove non c'è spazio per le smancerie che infatti rimarranno scritte su fogli di carta dimenticati. Il generale è uno di loro, è anzi il primus inter pares, una figura scandagliata fin nel lato intimistico con controllati flashback mai invadenti come lo sono in Flags.
Sottile velo di retorica nella sceneggiatura, così come nella fotografia sporca che caratterizza anche l'altro della coppia, probabilmente l'unico modo per rendere l'inospitalità dell'isola. Un soggetto, in effetti, che ricalca molto La sottile linea rossa, anche se Malick è un maestro nel creare retorica mascherata da poesia.
Non aggiunge granchè al filone bellico e cmq è lontano dai bei capolavori di Clint.
Invia una mail all'autore del commento wega  21/02/2010 13:24:47Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' già stato deciso che è Wenders quello bravo a farlo.
julian  21/02/2010 16:30:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Wenders ci lavora di più, La sottile linea rossa, da quel che ricordo, è di un ridicolo disarmante (per quanto riguarda i discorsi poetici, sennò è un bel film di guerra). Devo rivederlo però, chissà che non ricordi male.