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L'OTTAVO GIORNO regia di Jaco Van Dormael

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7½ / 10  18/09/2012 14:30:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La strana coppia al cinema è un connubio spesso vincente.Ne "L'ottavo giorno" ad incontrarsi,perdersi ed inevitabilmente ricongiungersi e capirsi reciprocamente, come collaudatissimo canovaccio prevede,sono un uomo d'affari e un ragazzo affetto dalla sindrome di Down.
Due persone ai margini della società,alienati con modalità diverse e in rapporti problematici con l'altro sesso si accorgeranno di avere bisogno l'uno dell'altro.Se per Georges la condizione d'insofferenza non dipende certo da una scelta, per quanto riguarda Harry il suo è un isolamento sancito da una vita cadenzata da ritmi ossessivamente regolari in cui non vi è spazio per i sentimenti,non per nulla è stato lasciato da moglie e figliolette.
Van Dormael non scansa passaggi in cui il sentimentalismo a buon mercato abbonda, al tempo stesso però riesce a delineare una toccante storia di amicizia,intensa e profonda nella quale è paradossalmente il più debole ad istruire inconsciamente l'altro,che per la prima volta si erge da punto di riferimento al di fuori del proprio ambito professionale.
Il lavoro del regista belga è poi sempre sfumato da una certa propensione al surreale,lasciata da parte la scena del topo canterino abbastanza mal riuscita,le restanti parentesi oniriche (e non) sono intrise di una seducente leggerezza.Van Dormael offre parecchie circostanze in cui l'ingenua bontà di Gorges fa a pugni con un mondo sempre troppo crudele con i "diversi" , a tratti sembra soffermarsi un po' troppo gratuitamente sulla sofferenza (il finale poi è un colpo davvero basso), per fortuna ordisce scanzonati excursus che stimolano il sorriso.Inoltre crea momenti emotivamente forti,come quello della spiaggia illuminata dai fuochi d'artificio ed altri più riflessivi,come il minuto di silenzio che i due amici si "prendono tutto per loro".
Abbastanza insulse le critiche riguardanti la presunta strumentalizzazione di Pascal Duquenne (Georges) al quale a mio avviso è stata concessa un'opportunità quasi irripetibile.Inoltre viene data voce a chi solitamente non ne ha attraverso un racconto che mette in luce sia il tormento che la grande voglia di esserci.
Ruffiano forse,ma anche maledettamente commovente.