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AGENTE 007 OCTOPUSSY - OPERAZIONE PIOVRA regia di John Glen

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Dom Cobb     7 / 10  03/05/2012 18:32:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Se dovessi paragonare Octopussy con un altro bond-movie, lo farei con La spia che mi amava. Questi due film hanno una cosa in comune: mi convincono meno di quanto dovrebbero. In questo caso il motivo che mi spinge a dare questo giudizio complessivo è da ricercare in un ritmo che praticamente accelera solo negli ultimi venti minuti, una trama di quelle che non riesci a capire neanche dopo mille volte che la guardi e la mancanza di un confronto diretto con il villain di turno. Nulla da ridire sul cast, né sulla realizzazione del film a livello tecnico, ma questo episodio di 007 non mi entusiasma.
Dom Cobb  13/12/2022 15:34:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'agente segreto 009 viene trovato morto a Berlino Est, in costume da clown e con un inestimabile uovo di Fabergé in mano. James Bond viene chiamato a investigare: la traccia lo conduce in India, dove si troverà alle prese con un principe afghano in esilio, un generale russo coinvolto in un traffico di gioielli e una misteriosa donna, a capo di una setta di accolite, nota solo col nome di Octopussy...
Dopo i fasti degli anni '70, la serie di Bond si è vista in parte trasformata: da una parte c'è l'intenzione di tornare alle radici, alle atmosfere da thriller che avevano caratterizzato gli inizi del franchise e i racconti di Fleming, dall'altra l'esigenza di mantenere ogni nuovo film su un costante livello di azione spettacolare. A questo si aggiunge la notizia dell'uscita di un Bond concorrente: non un Bond qualunque, ma l'originale, Sean Connery in persona, coinvolto nella produzione del coevo "Mai dire mai". Questo spinge la famiglia Broccoli a cestinare ogni potenziale rimpiazzo e di concentrarsi sul mantenere in gioco Roger Moore, che ormai ha conquistato il pubblico. Perciò oltre alle esigenze di cui sopra, c'è anche la tendenza ad assecondare i punti forti dell'attore del momento, continuando dunque a porre l'accento sull'ironia.
Se in "Solo per i tuoi occhi" si era portato l'approccio "terra-terra" agli estremi come mai prima d'ora, qui si fa un passo indietro e si torna lievemente nei binari dell'assurdo, senza calcare la mano eppure, allo stesso tempo, calcandocela molto. Il risultato è un film che appare controverso agli occhi di molti ma che per me rappresenta uno degli episodi più divertenti del sottovalutato Moore.
Come in tutti gli episodi da "La spia che mi amava", la parola d'ordine è spettacolarità e fin dall'inizio questo "Octopussy" non delude, con una sequenza prologo che, nel suo mix di commedia, intrigo e azione sfrenata, è emblematica per il resto del film, che prosegue entro i canoni stabiliti nei primi cinque-sei minuti di pellicola. Rispetto al suo immediato predecessore, il tentativo di riagganciarsi a trame complesse e intricate dal sapore spionistico è più marcato, a volte anche troppo: forse per controbilanciare la trama eccessivamente lineare di "Solo per i tuoi occhi", qui viene imbastito un gioco di misteri, tracce e indizi a volte quasi impossibile da seguire e che, quando si arriva alla soluzione, non riesce comunque a tappare tutti i buchi.


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E' vero che i film di Bond non hanno mai veramente avuto il loro fulcro nella trama, che questa è solo un pretesto per agganciare quante più sequenze eccitanti e spettacolari l'una all'altra, ma ci sono momenti in cui qui la coerenza viene meno. Ma a grandi linee, se non ci si ferma a pensarci troppo, la trama ha bene o male un senso, quindi la cosa non infastidisce molto.
Sul lato tecnico c'è poco da dire: il team creativo è lo stesso, capeggiato dall'ormai regista a tempo pieno John Glen, la cui regia pulita e asciutta, senza guizzi ma anche senza fronzoli, garantisce un intrattenimento diretto e abbastanza privo di sbavature, se non forse sul fronte umoristico. Migliora la fotografia, sempre a opera di Alan Hume, mentre le scenografie di Peter Lamont sono insolitamente eleganti e idealmente esotiche. A fare la parte del leone, ovviamente, sono le dozzine di stuntmen e cascatori e i tecnici degli effetti speciali, che qui superano sé stessi e imbastiscono delle sequenze che anticipano e farebbero impallidire lo stesso Tom Cruise, soprattutto visto che sono realizzate senza l'aiuto del computer.


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L'intrattenimento, insomma, è garantito, ma come ogni altro film della serie, anche questo ha i suoi problemi. I principali sono nel ritmo: "Octopussy" si può dividere in due sezioni, una ambientata in India e l'altra in Germania. La prima, dopo un'ottima partenza, finisce per accasciarsi su sé stessa, causa la relativa mancanza di azione e un ritmo davvero troppo disteso, complice il tentativo fallito di rendere il rapporto Bond-Octopussy più di un'attrazione passeggera.
Il personaggio stesso di Octopussy, intrigante all'inizio e con una buona backstory, e le atmosfere simil-salgariane rendono comunque questa prima metà passabile; fortunatamente, le cose migliorano molto una volta approdati in Germania, dove l'intrigo viene scoperto, l'azione si scatena in tutta la sua dirompenza e il ritmo s'impenna, regalando un'ultima mezz'ora quasi da cardiopalma.


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Inoltre è bene menzionare che, sebbene l'impianto avventuroso e umoristico in generale funzionino, qua e là vi sono degli eccessi che ad alcuni potrebbero non andare giù: i gadget di Q sono presenti ma per fortuna con parsimonia, mentre a poter rimanere impresse in negativo sono proprio alcune scelte atte a premere il pedale sull'ironia, con risultati misti.


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Per me queste apparenti sbavature e cadute di stile non rappresentano un problema, ma non penso solo perché ci sono cresciuto: a rendere il tutto stranamente credibile è, incredibile a dirsi, la serietà di Roger Moore nel ruolo di Bond. Sì, serietà. Moore viene spesso relegato al ruolo di attore comico quando si parla di lui, ma la gente sottovaluta il fatto che è in grado di reggere anche ruoli più drammatici: qui, malgrado l'età avanzata, non solo risulta in forma come al solito, ma è anche in grado di alternare i suoi momenti tipicamente frivoli con altri in cui esibisce una serietà ferrea e un'urgenza secondo con notevole efficacia.


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Il resto del cast, come al solito, gli fa da adeguata spalla, incluso un duo di cattivi peculiare nel suo essere agli antipodi: da una parte il suadente Louis Jourdan, dall'altra uno Steven Berkoff ai limiti della caricatura (specie grazie al doppiaggio del grande Nando Gazzolo e di un magnifico Sergio Tedesco). Maud Adams è la prima attrice a interpretare due Bond-girls in due film diversi e Kristina Wayborn è un'adeguata femme fatale relegata a un ruolo purtroppo marginale. Kabir Bedi fa la bella statua, spara qualche colpo, dà ordini in indiano e polverizza dadi con la mano, risultando di fatto sottosfruttato.
Completano il quadro le musiche di John Barry, che si adagiano sul sound creato in "Moonraker" senza aggiungere nulla di nuovo, e una gradevole canzone titolo, "All Time High", valida anche se un po' all'acqua di rose.
"Octopussy" conferma la direzione presa a inizio decennio e lentamente si avvia verso la fine dell'epoca Moore, risultando un buon successo commerciale, superiore all'avversario "Mai dire mai". Per quanto mi riguarda, fra i due non c'è paragone e "Octopussy" vince a mani basse: ha intrattenimento e divertimento da vendere, in un modo che, spiace dirlo, al giorno d'oggi non si vede quasi più.
Voto: 7 e 1/2
Dom Cobb  13/12/2022 15:34:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'agente segreto 009 viene trovato morto a Berlino Est, in costume da clown e con un inestimabile uovo di Fabergé in mano. James Bond viene chiamato a investigare: la traccia lo conduce in India, dove si troverà alle prese con un principe afghano in esilio, un generale russo coinvolto in un traffico di gioielli e una misteriosa donna, a capo di una setta di accolite, nota solo col nome di Octopussy...
Dopo i fasti degli anni '70, la serie di Bond si è vista in parte trasformata: da una parte c'è l'intenzione di tornare alle radici, alle atmosfere da thriller che avevano caratterizzato gli inizi del franchise e i racconti di Fleming, dall'altra l'esigenza di mantenere ogni nuovo film su un costante livello di azione spettacolare. A questo si aggiunge la notizia dell'uscita di un Bond concorrente: non un Bond qualunque, ma l'originale, Sean Connery in persona, coinvolto nella produzione del coevo "Mai dire mai". Questo spinge la famiglia Broccoli a cestinare ogni potenziale rimpiazzo e di concentrarsi sul mantenere in gioco Roger Moore, che ormai ha conquistato il pubblico. Perciò oltre alle esigenze di cui sopra, c'è anche la tendenza ad assecondare i punti forti dell'attore del momento, continuando dunque a porre l'accento sull'ironia.
Se in "Solo per i tuoi occhi" si era portato l'approccio "terra-terra" agli estremi come mai prima d'ora, qui si fa un passo indietro e si torna lievemente nei binari dell'assurdo, senza calcare la mano eppure, allo stesso tempo, calcandocela molto. Il risultato è un film che appare controverso agli occhi di molti ma che per me rappresenta uno degli episodi più divertenti del sottovalutato Moore.
Come in tutti gli episodi da "La spia che mi amava", la parola d'ordine è spettacolarità e fin dall'inizio questo "Octopussy" non delude, con una sequenza prologo che, nel suo mix di commedia, intrigo e azione sfrenata, è emblematica per il resto del film, che prosegue entro i canoni stabiliti nei primi cinque-sei minuti di pellicola. Rispetto al suo immediato predecessore, il tentativo di riagganciarsi a trame complesse e intricate dal sapore spionistico è più marcato, a volte anche troppo: forse per controbilanciare la trama eccessivamente lineare di "Solo per i tuoi occhi", qui viene imbastito un gioco di misteri, tracce e indizi a volte quasi impossibile da seguire e che, quando si arriva alla soluzione, non riesce comunque a tappare tutti i buchi.


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E' vero che i film di Bond non hanno mai veramente avuto il loro fulcro nella trama, che questa è solo un pretesto per agganciare quante più sequenze eccitanti e spettacolari l'una all'altra, ma ci sono momenti in cui qui la coerenza viene meno. Ma a grandi linee, se non ci si ferma a pensarci troppo, la trama ha bene o male un senso, quindi la cosa non infastidisce molto.
Sul lato tecnico c'è poco da dire: il team creativo è lo stesso, capeggiato dall'ormai regista a tempo pieno John Glen, la cui regia pulita e asciutta, senza guizzi ma anche senza fronzoli, garantisce un intrattenimento diretto e abbastanza privo di sbavature, se non forse sul fronte umoristico. Migliora la fotografia, sempre a opera di Alan Hume, mentre le scenografie di Peter Lamont sono insolitamente eleganti e idealmente esotiche. A fare la parte del leone, ovviamente, sono le dozzine di stuntmen e cascatori e i tecnici degli effetti speciali, che qui superano sé stessi e imbastiscono delle sequenze che anticipano e farebbero impallidire lo stesso Tom Cruise, soprattutto visto che sono realizzate senza l'aiuto del computer.


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L'intrattenimento, insomma, è garantito, ma come ogni altro film della serie, anche questo ha i suoi problemi. I principali sono nel ritmo: "Octopussy" si può dividere in due sezioni, una ambientata in India e l'altra in Germania. La prima, dopo un'ottima partenza, finisce per accasciarsi su sé stessa, causa la relativa mancanza di azione e un ritmo davvero troppo disteso, complice il tentativo fallito di rendere il rapporto Bond-Octopussy più di un'attrazione passeggera.
Il personaggio stesso di Octopussy, intrigante all'inizio e con una buona backstory, e le atmosfere simil-salgariane rendono comunque questa prima metà passabile; fortunatamente, le cose migliorano molto una volta approdati in Germania, dove l'intrigo viene scoperto, l'azione si scatena in tutta la sua dirompenza e il ritmo s'impenna, regalando un'ultima mezz'ora quasi da cardiopalma.


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Inoltre è bene menzionare che, sebbene l'impianto avventuroso e umoristico in generale funzionino, qua e là vi sono degli eccessi che ad alcuni potrebbero non andare giù: i gadget di Q sono presenti ma per fortuna con parsimonia, mentre a poter rimanere impresse in negativo sono proprio alcune scelte atte a premere il pedale sull'ironia, con risultati misti.


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Per me queste apparenti sbavature e cadute di stile non rappresentano un problema, ma non penso solo perché ci sono cresciuto: a rendere il tutto stranamente credibile è, incredibile a dirsi, la serietà di Roger Moore nel ruolo di Bond. Sì, serietà. Moore viene spesso relegato al ruolo di attore comico quando si parla di lui, ma la gente sottovaluta il fatto che è in grado di reggere anche ruoli più drammatici: qui, malgrado l'età avanzata, non solo risulta in forma come al solito, ma è anche in grado di alternare i suoi momenti tipicamente frivoli con altri in cui esibisce una serietà ferrea e un'urgenza secondo con notevole efficacia.


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Il resto del cast, come al solito, gli fa da adeguata spalla, incluso un duo di cattivi peculiare nel suo essere agli antipodi: da una parte il suadente Louis Jourdan, dall'altra uno Steven Berkoff ai limiti della caricatura (specie grazie al doppiaggio del grande Nando Gazzolo e di un magnifico Sergio Tedesco). Maud Adams è la prima attrice a interpretare due Bond-girls in due film diversi e Kristina Wayborn è un'adeguata femme fatale relegata a un ruolo purtroppo marginale. Kabir Bedi fa la bella statua, spara qualche colpo, dà ordini in indiano e polverizza dadi con la mano, risultando di fatto sottosfruttato.
Completano il quadro le musiche di John Barry, che si adagiano sul sound creato in "Moonraker" senza aggiungere nulla di nuovo, e una gradevole canzone titolo, "All Time High", valida anche se un po' all'acqua di rose.
"Octopussy" conferma la direzione presa a inizio decennio e lentamente si avvia verso la fine dell'epoca Moore, risultando un buon successo commerciale, superiore all'avversario "Mai dire mai". Per quanto mi riguarda, fra i due non c'è paragone e "Octopussy" vince a mani basse: ha intrattenimento e divertimento da vendere, in un modo che, spiace dirlo, al giorno d'oggi non si vede quasi più.
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Dom Cobb  13/12/2022 15:34:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'agente segreto 009 viene trovato morto a Berlino Est, in costume da clown e con un inestimabile uovo di Fabergé in mano. James Bond viene chiamato a investigare: la traccia lo conduce in India, dove si troverà alle prese con un principe afghano in esilio, un generale russo coinvolto in un traffico di gioielli e una misteriosa donna, a capo di una setta di accolite, nota solo col nome di Octopussy...
Dopo i fasti degli anni '70, la serie di Bond si è vista in parte trasformata: da una parte c'è l'intenzione di tornare alle radici, alle atmosfere da thriller che avevano caratterizzato gli inizi del franchise e i racconti di Fleming, dall'altra l'esigenza di mantenere ogni nuovo film su un costante livello di azione spettacolare. A questo si aggiunge la notizia dell'uscita di un Bond concorrente: non un Bond qualunque, ma l'originale, Sean Connery in persona, coinvolto nella produzione del coevo "Mai dire mai". Questo spinge la famiglia Broccoli a cestinare ogni potenziale rimpiazzo e di concentrarsi sul mantenere in gioco Roger Moore, che ormai ha conquistato il pubblico. Perciò oltre alle esigenze di cui sopra, c'è anche la tendenza ad assecondare i punti forti dell'attore del momento, continuando dunque a porre l'accento sull'ironia.
Se in "Solo per i tuoi occhi" si era portato l'approccio "terra-terra" agli estremi come mai prima d'ora, qui si fa un passo indietro e si torna lievemente nei binari dell'assurdo, senza calcare la mano eppure, allo stesso tempo, calcandocela molto. Il risultato è un film che appare controverso agli occhi di molti ma che per me rappresenta uno degli episodi più divertenti del sottovalutato Moore.
Come in tutti gli episodi da "La spia che mi amava", la parola d'ordine è spettacolarità e fin dall'inizio questo "Octopussy" non delude, con una sequenza prologo che, nel suo mix di commedia, intrigo e azione sfrenata, è emblematica per il resto del film, che prosegue entro i canoni stabiliti nei primi cinque-sei minuti di pellicola. Rispetto al suo immediato predecessore, il tentativo di riagganciarsi a trame complesse e intricate dal sapore spionistico è più marcato, a volte anche troppo: forse per controbilanciare la trama eccessivamente lineare di "Solo per i tuoi occhi", qui viene imbastito un gioco di misteri, tracce e indizi a volte quasi impossibile da seguire e che, quando si arriva alla soluzione, non riesce comunque a tappare tutti i buchi.


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E' vero che i film di Bond non hanno mai veramente avuto il loro fulcro nella trama, che questa è solo un pretesto per agganciare quante più sequenze eccitanti e spettacolari l'una all'altra, ma ci sono momenti in cui qui la coerenza viene meno. Ma a grandi linee, se non ci si ferma a pensarci troppo, la trama ha bene o male un senso, quindi la cosa non infastidisce molto.
Sul lato tecnico c'è poco da dire: il team creativo è lo stesso, capeggiato dall'ormai regista a tempo pieno John Glen, la cui regia pulita e asciutta, senza guizzi ma anche senza fronzoli, garantisce un intrattenimento diretto e abbastanza privo di sbavature, se non forse sul fronte umoristico. Migliora la fotografia, sempre a opera di Alan Hume, mentre le scenografie di Peter Lamont sono insolitamente eleganti e idealmente esotiche. A fare la parte del leone, ovviamente, sono le dozzine di stuntmen e cascatori e i tecnici degli effetti speciali, che qui superano sé stessi e imbastiscono delle sequenze che anticipano e farebbero impallidire lo stesso Tom Cruise, soprattutto visto che sono realizzate senza l'aiuto del computer.


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L'intrattenimento, insomma, è garantito, ma come ogni altro film della serie, anche questo ha i suoi problemi. I principali sono nel ritmo: "Octopussy" si può dividere in due sezioni, una ambientata in India e l'altra in Germania. La prima, dopo un'ottima partenza, finisce per accasciarsi su sé stessa, causa la relativa mancanza di azione e un ritmo davvero troppo disteso, complice il tentativo fallito di rendere il rapporto Bond-Octopussy più di un'attrazione passeggera.
Il personaggio stesso di Octopussy, intrigante all'inizio e con una buona backstory, e le atmosfere simil-salgariane rendono comunque questa prima metà passabile; fortunatamente, le cose migliorano molto una volta approdati in Germania, dove l'intrigo viene scoperto, l'azione si scatena in tutta la sua dirompenza e il ritmo s'impenna, regalando un'ultima mezz'ora quasi da cardiopalma.


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Inoltre è bene menzionare che, sebbene l'impianto avventuroso e umoristico in generale funzionino, qua e là vi sono degli eccessi che ad alcuni potrebbero non andare giù: i gadget di Q sono presenti ma per fortuna con parsimonia, mentre a poter rimanere impresse in negativo sono proprio alcune scelte atte a premere il pedale sull'ironia, con risultati misti.


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Per me queste apparenti sbavature e cadute di stile non rappresentano un problema, ma non penso solo perché ci sono cresciuto: a rendere il tutto stranamente credibile è, incredibile a dirsi, la serietà di Roger Moore nel ruolo di Bond. Sì, serietà. Moore viene spesso relegato al ruolo di attore comico quando si parla di lui, ma la gente sottovaluta il fatto che è in grado di reggere anche ruoli più drammatici: qui, malgrado l'età avanzata, non solo risulta in forma come al solito, ma è anche in grado di alternare i suoi momenti tipicamente frivoli con altri in cui esibisce una serietà ferrea e un'urgenza secondo con notevole efficacia.


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Il resto del cast, come al solito, gli fa da adeguata spalla, incluso un duo di cattivi peculiare nel suo essere agli antipodi: da una parte il suadente Louis Jourdan, dall'altra uno Steven Berkoff ai limiti della caricatura (specie grazie al doppiaggio del grande Nando Gazzolo e di un magnifico Sergio Tedesco). Maud Adams è la prima attrice a interpretare due Bond-girls in due film diversi e Kristina Wayborn è un'adeguata femme fatale relegata a un ruolo purtroppo marginale. Kabir Bedi fa la bella statua, spara qualche colpo, dà ordini in indiano e polverizza dadi con la mano, risultando di fatto sottosfruttato.
Completano il quadro le musiche di John Barry, che si adagiano sul sound creato in "Moonraker" senza aggiungere nulla di nuovo, e una gradevole canzone titolo, "All Time High", valida anche se un po' all'acqua di rose.
"Octopussy" conferma la direzione presa a inizio decennio e lentamente si avvia verso la fine dell'epoca Moore, risultando un buon successo commerciale, superiore all'avversario "Mai dire mai". Per quanto mi riguarda, fra i due non c'è paragone e "Octopussy" vince a mani basse: ha intrattenimento e divertimento da vendere, in un modo che, spiace dirlo, al giorno d'oggi non si vede quasi più.
Voto: 7 e 1/2