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AGENTE 007 - AL SERVIZIO SEGRETO DI SUA MAESTA' regia di Peter Hunt

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Dom Cobb     10 / 10  03/05/2012 14:57:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Così dunque è successo: ormai stanco del personaggio che gli ha dato fama, Sean Connery abbandona il ruolo di Bond, lasciando i produttori con il compito di trovarsene un altro. Dopo molte ricerche vane, la scelta ricade sul giovane ed inesperto George Lazenby, che a causa delle critiche e del suo contratto sarà presente solo in questo episodio. L'attore protagonista è solo uno dei tanti pregi che rendono Al servizio segreto di sua maestà (cui mi sono avvicinato con cautela in seguito a critiche negative) un autentico capolavoro nel suo genere: lo script, fedelissimo all'omonimo romanzo di Fleming, è impeccabile, la regia dell'esordiente Peter Hunt, già montatore dei primi cinque film, è ferrea e capace, la colonna sonora, che include un tema principale "bondiano al 100%" e una canzone interpretata da Louis Armstrong, è semplicemente da sballo, le location in Portogallo e in Svizzera sono fra le più suggestive mai apparse sullo schermo.
A tutto ciò si affianca l'elemento fondamentale, su cui Hunt e Richard Maibaum (sceneggiatore) puntano tutto: la storia. Finalmente, Bond ha l'occasione di essere oggetto di un'accurata analisi psicologica che lo rende qualcosa di più della solita macchina risolvi-missione; diretta conseguenza della storia è l'emozione. Si rischia davvero di piangere nel finale, e in più punti del film (praticamente tutta la prima ora e un quarto) l'azione è totalmente messa da parte a favore di un sano romanticismo che si alterna un impianto prettamente spionistico. Lazenby è fenomenale, checché ne dicano i denigratori, il resto del cast è azzeccatissimo, nella seconda parte si corre fino a un grande finale che lascia le cose in sospeso fino alla prossima puntata; che peccato che i fili della vicenda non siano stati chiusi in modo soddisfacente ne La cascata di diamanti.


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Dom Cobb  22/01/2022 17:10:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nel corso di una missione, James Bond incontra e salva la vita all'affascinante e misteriosa contessa Teresa "Tracy" di Vincenzo; mentre fra i due nasce un inaspettato idillio, l'agente 007 sfrutta le connessioni con il padre di lei, il criminale Marc-Ange Draco, per trovare l'elusivo capo della SPECTRE Ernst Blofeld, che si scopre trovarsi sotto falso nome a capo di una strana clinica nelle Alpi svizzere...
Alla fine degli anni '60 molte cose sono cambiate nel mondo del cinema: l'epoca d'oro dei grandi studios sta tramontando e con esso un modo di fare film che non rispecchia più le sensibilità di un pubblico sempre più sulla strada della ribellione e della modernizzazione. I semplicistici valori morali dei vecchi tempi vengono abbandonati, bene e male, eroi e cattivi vengono sostituiti dalle migliaia sfumature della grigia, gretta realtà; nasce la Nuova Hollywood, all'insegna di storie più vere, uno stile meno romantico e più terra terra e autori con maggior controllo sulle proprie opere.
In questo clima di disincanto il personaggio di Bond fatica a mantenere il primato che aveva fino a solo pochi anni prima: la "Bond-mania" si sta rapidamente spegnendo, complice anche l'abbandono di Sean Connery a causa dell'eccessivo stress causate da un'assurda attenzione mediatica. In questo quadro poco incoraggiante si fa strada un'idea che oggi pare scontata, ma all'epoca non lo era affatto: cambiare l'attore, cambiare il volto del personaggio facendolo però restare idealmente lo stesso. La scelta ricade sull'australiano George Lazenby, privo di precedenti esperienze ma capace di farsi largo a gomitate e imporsi come il candidato favorito.
Cambia di nuovo anche la regia, adesso nelle mani del montatore veterano Peter Hunt; il connubio fra il nuovo regista e la nuova star crea un Bond movie diverso da qualunque altro, un esperimento che per un po' sarà destinato a rimanere un'eccezione nel corso di questa lunga serie; un esperimento poco gradito all'epoca e apprezzato solamente a posteriori.
E' questo in effetti a colpire più di tutto il resto anche dopo tante visioni: cioè quanto "Al servizio segreto di Sua Maestà" sia diverso dai film di Bond precedenti e successivi. Se in precedenza si puntava tutto sullo spionaggio puro, l'azione e l'avventura, sullo stile e sulla presentazione, adesso per una volta la musica cambia: certo, il tasso di spettacolarità rimane alto, l'azione è presente così come una trama spionistica, ma il personaggio principale e la sua essenza sono diametralmente opposte a ciò che era Connery.
Quello di Lazenby è un Bond più giovane, capace e intelligente ma più emotivamente vulnerabile; un Bond capace di far emergere la propria umanità e all'occorrenza anche di innamorarsi. Capace di provare dolore, paura e sofferenza. Il rapporto amoroso con Tracy, una perfetta Diana Rigg, è il fulcro attorno al quale viene costruito un mondo sì esagerato e vagamente fumettoso nell'estetica, ma fondamentalmente più con i piedi per terra: i gadget sono pressoché spariti, l'azione più cruda e intensa. Le intenzioni parlano chiaro e rappresentano un grande punto a favore, nel coraggio se non nell'esecuzione.
Già, perché l'esecuzione paga comunque lo scotto del periodo in cui il film è stato realizzato: ci troviamo infatti di fronte a una specie di miscuglio, dove i contenuti mostrano l'influenza della nascente Nuova Hollywood ma nello stile si rimane ancorati al classico spionaggio e all'avventura anni '60. Per cui abbiamo comunque un lato tecnico a dir poco sfarzoso, con scenografie da urlo anche se a volte leggermente pacchiane


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e location valorizzate dalla meravigliosa fotografia di Michael Reed, colma di spettacolari riprese aeree che lasciano davvero a bocca aperta.


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Il ritmo rispecchia la natura più riflessiva della storia, presentando una prima parte più lenta e praticamente priva di scene d'azione, tutte raccolte invece negli ultimi tre quarti d'ora in un susseguirsi che forse può lasciare un po' senza respiro ma merita davvero tanto. Questo squilibrio a tratti si sente, soprattutto considerato che, a dispetto delle intenzioni di rendere il film più realistico e meno fantasioso, certi aspetti sono fra i più bizzarri mai apparsi in un film di 007.


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Lo stile registico inoltre, pur essendo vistosamente più energico e "moderno" del solito, sceglie di affidarsi fin troppo a tagli e stacchi frenetici sicuramente all'avanguardia per quel periodo, ma che al giorno d'oggi complici pacchiani effetti di retroproiezione e di doppiaggio mostrano tutto il peso degli anni, in particolare nelle scene d'azione più concitate.


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E gli effetti speciali, pur ideati da quel geniaccio di John Stears e nonostante l'alto budget di cui la serie può finalmente disporre, ancora più che nel precedente film mostrano la corda, rivelandosi spesso e volentieri deludenti.


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Eppure, nonostante questi difetti, quando si arriva al dunque tutto funziona a dovere. In qualche modo, i problemi vengono messi in secondo piano dall'evidente passione, dall'energia, dalla competenza tecnica di tutto lo staff e buona parte di ciò è grazie al cast. Accanto ai soliti comprimari ormai di casa nella serie, George Lazenby si fa largo con relativa sicurezza: manca ancora quella maturità che forse avrebbe potuto acquisire col tempo, ma già qui risulta abbastanza carismatico e simpatico da risultare più che credibile; oltre alla già citata Rigg si fanno notare Telly Savalas, il Blofeld più fisicamente in forma di tutti e quello forse più credibile come pura minaccia, e un Gabriele Ferzetti simpatica canaglia; è merito loro se si è in grado di digerire certi risvolti di trama un po' campati per aria ed è sempre merito loro se la storia d'amore centrale funziona, per quanto i loro sforzi siano accompagnati da un doppiaggio italiano dalla traccia audio conservata sorprendentemente male.


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Se poi c'è una signora colonna sonora come la presente a contornare il tutto è ancora più facile: John Barry qui sforna una delle sue composizioni migliori, talmente d'impatto e dalle sonorità così iconiche da ispirare in futuro Michael Giacchino a ricopiarne dei tratti nota per nota per "Gli incredibili". Al fortissimo tema iniziale si accompagna inoltre la memorabile "We Have All the Time in the World", ballata la cui presenza aleggia su tutto il film anticipandone l'atmosfera romantica come quella drammatica.
A distanza di anni "Al servizio segreto di Sua Maestà" rimane uno degli episodi più unici della serie di 007: un po' invecchiato ma comunque affascinante, un po' bislacco ma sempre coinvolgente, un po' troppo vecchia scuola ma spruzzato di tocchi moderni, risulta un'avventura riuscita nonostante i suoi difetti, coraggiosa per i rischi che corre e spiazzante nella sua diversità in un modo che solo i film di Craig riusciranno a essere; e all'interno del franchise è un modello di eleganza e raffinatezza visiva che raramente verrà eguagliato in futuro.
VOTO: 8,5