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IN MEMORIA DI ME regia di Saverio Costanzo

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Invia una mail all'autore del commento logical     7½ / 10  14/03/2007 01:57:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
I gesuiti e l'amministrazione della fede. Sembra che tutti i nostri migliori registi debbano per forza affrontare l'argomento, come una prova di forza necessaria per perdere o prendere peso. Mentre osservavo gli occhi sempre sbarrati di Christo Jivkov pensavo proprio a Bellocchio, a lui che guarda Dryer e il mutismo forzato di Giovanna d'Arco, proprio come se fosse una lunga catena o un corridio infinito di stanze tutte uguali, come le prigioni di Genet...
In effetti una tensione omofila e maschile trattiene tutto il film sospeso in un silenzio che sembra stare sempre per spezzarsi, sia per le navi gigantesche e lente che riempiono inaspettatamente le finestre sia per la tensione di tutti questi uomini che evitano violentemente di guardarsi, di toccarsi o di incrociarsi.
Eppure la detenzione è libera: si tratta di dimostrare a sé e agli altri di sapere maneggiare con sapienza le scritture affinché dottrina e dogma siano strumenti di amministrazione delle anime. È un percorso che porta al distacco da ogni cosa, un superamento che si lascia raccogleire al di là di ogni principio di piacere. E i dialioghi sono degni della migliore tradizione nordeuropea: Bresson, Bergman... è bellissimo anche il suono in presa diretta, l'accento teutonico di André Hennicke, sinistro, nazista, suadente, la vera voce della dottrina nel suo stato più puro e disumano, accanto a quella accattivante, italiana e ciellina di Marco Baliani. Jivkov è bulgaro e mentre legge la sua riflessione sulla vocazione e i precetti di Matteo, penso alle voci dell'est e alle loro cantilene senza speranza, qualunque cosa dicano, anche queste come una lunga, lunga catena.
È una riflessione sul che fare di sé a propria memoria. Siamo figli di un dio debole, dice Hennicke nel suo ultimo fiato, e con una fede costruita sul sacrificio e sulla morte: o stai o vai.
Il dio che sorride è un sogno dell'oriente, a noi rimane ancora l'ennesimo valzer esistenzialista come se il nostro sé potesse ancora stupirci o farci una gran compagnia. Bella fotografia, musica stucchevole, impianto classico e potente gestito con sicurezza: l'esame di teologia è passato a pieni voti, ora facciamo qualcos'altro, maestro?