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VERO COME LA FINZIONE regia di Marc Forster

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6½ / 10  09/02/2007 11:48:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Forster è un regista interessante: lo script aveva le potenzialità per fare di questo film un capolavoro, ma l'impressione che sia tutto abilmente costruito a tavolino permane.
Per inciso, Ferrell non è Jim Carrey, e se il regista si ispira vagamente a "se mi lasci ti cancello" alla fine sembra terribilmente vicino al modello di "Una settimana da Dio".
Premesso che poi "vero come la finzione" fatica a farsi coinvolgere nella prima parte (a un certo punto stavo per addormentarmi, giuro), l'obiettivo di realizzare un prodotto insolito, inconsueto, originale è credibile solo in parte.

Ci dev'essere una radicale operazione di confronto con se stessi, negli States, attraverso le imprese del solito impiegato che a un certo punto della sua vita punta dritto nel lettino dell'analista anzichè sollecitare il trasformismo operativo (leggi: Crowe in "a good year").
Piace sentir dire "la prima cosa che odiano gli americani è il lavoro" ("solo" gli americani?).
E, dopotutto, Forster si fa beffe dellì'estabilishment dipingendo Farrell come un mediocre imbarazzante, al di là della balistica e della sua rigorosa condizione amorale di "uomo-macchina".
Purtroppo il film sembra incapace sia di coinvolgere lo spettatore nella prima parte, sia di concludere degnamente la storia.
Ed è come se il regista provasse gli stessi tormenti e rimorsi della scrittrice alle prese con il suo ennesimo tragico finale ("deve morire ma la sua storia vivrà per sempre").

Pero' c'è qualcosa che stuzzica, che intriga, che affascina, senza sorprendere completamente: sarà il buonismo new age dell'epilogo, sarà la serialità autoriale di voler costruire una "commedia intelligente" ad ogni costo, saranno soprattutto le tante potenzialità che Forster non ha saputo cogliere:
l'idea del romanzo dove tutti noi possiamo morire o sopravvivere sarebbe stato un magnifico esempio di filosofia narrativa e giornalistica.

Poi Harold e la sua donna guardano "un uomo, una donna" di Lelouch, utopia di un sentimento "reale", mentre Forster è come si aggrappasse allo schema visionario della vicenda quando Hoffman gli chiede "qual'è la sua parola preferita" e H. gli risponde "equazione".

Ma non mi sento di giudicare severamente questo film