caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

UN CHANT D'AMOUR regia di Jean Genet

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7½ / 10  11/01/2007 14:01:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Chiaramente ispirato a "la sang d'un poete" di Cocteau, Genet fa del cinema una summa delle sue ossessioni, celebrando una sorta di autentico bignami della provocazione e del torbido.
Il b/n è di chiara derivazione sperimentale, e la pellicola (muta) sembra molto piu' vecchia, seguendo schemi prefissati proprio nel cinema degli anni 20" e non del 1951, anno della sua realizzazione.
L'iconografia gay, nella sua estremizzazione visiva e culturale, rischia pero' di eleggersi - come del resto è accaduto - a mera propaganda voyeur ad uso e consumo della massa, cosa che non era certo nelle intenzioni dell'autore.
I "sipari" ora attraenti (il fumo filtrato nel buco di una parete della cella) ora grotteschi (la danza tribale omoerotica di un africano) possono irritare, se non si è generalmente predisposti verso questo tipo di cinema e non si conosce un autore e letterato provocatorio e trasgressivo come Genet.
Sorprendente, per certi versi, la metafora finale, con il suo disperato bisogno di libertà
Le frustate di un secondino ai danni di un detenuto, frutto proibito della sua attrazione diurna, erano vere.
Un film terribilmente datato, come del resto tutta l'opera letteraria di Genet, ma a modo suo straordinario come simbolo di coercizione dei rapporti umani, e sempre alla ricerca di un'amore socialmente "impossibile"