julian 7½ / 10 17/01/2009 15:27:46 » Rispondi Nella mia personale top 5 dei film più difficili da commentare si è ritagliato un posticino anche Dogville, un indiscutibile capolavoro. Resta da stabilire se votare in modo distaccato e oggettivo e dare dunque un 9 o se basarsi sull'impressione soggettiva e quindi 7 e mezzo. Dato che qui non siamo per dare i voti che un film obiettivamente merita (altrimenti sai che piattezza...), bensì per esprimere un giudizio personale, scelgo il secondo criterio. Partiamo con la premessa che Dogville è difficile da seguire e Lars Von Trier, tenendo fede ad alcuni principi che egli stesso stabilì in Dogma 95, non fa niente per facilitare il compito. Già quando si scopre che l'ambientazione non è reale, ma è una sorta di palcoscenico nel quale le case sono solo disegnate a terra e gli oggetti, il mobilio e le porte devono essere immaginati dallo spettatore (si sente il rumore delle porte ad esempio, ma non si vedono) è un tonfo, e l'ignara "vittima", si fa per dire, resta per dieci minuti a chiedersi se ci sia un errore. Col tempo ci si abitua all'idea e sembra di giocare a The Sims, con le pareti trasparenti che lasciano vedere ciò che ogni personaggio fa dentro casa. Dogville è anche molto lungo e la sua dimensione di capolavoro emerge lentamente. Bisogna avere pazienza perchè, tranquilli, emergerà. Proprio la difficoltà di rendersi interessante che ha il film all'inizio mi porta ad abbassare il voto e so che può essere una scusante sciocca perchè in fondo anche questo è un espediente funzionale al risultato finale.
Dogville sembrerebbe proprio la cittadina perfetta: arroccata tra le montagne, piccola e nella quale tutti si conoscono e vivono in tranquillità. Ogni abitante pare essenziale a sè e agli altri: insieme costituiscono un organismo minuscolo ma compatto e pienamente funzionante. Arriva però Grace a "rompere" questa armonia, una Nicole Kidman da sogno incarnata in una sorta di messia al femminile. Per essere accettata e protetta si mette al servizio della comunità: all'inizio tutti si rifiutano del suo aiuto perchè nessuno ha bisogno di niente. Ma c'è sempre bisogno d'aiuto... Inizia così un processo di degrado umano e morale di ogni singolo abitante di Dogville che si rivela per ciò che è (per ciò che tutti siamo): l'animale cattivo per eccellenza (come Gobineau ha definito l'uomo) perchè arreca dolore solo per il semplice piacere di farlo, un animale che si organizza in branchi solo per il proprio bisogno e non per il suo spirito socievole (la critica all'ottimismo sociale di Schopenauer). Grace, tra violenze e abusi, incassa e reprime tutto, anzi porge l'altra guancia. Lei sembra un'eccezione alla regola umana, l'unica. Nonostante le innumerevoli cattiverie, che vedono coinvolto anche Tom (quello che dice di amarla, il solo a non abusare fisicamente di lei), fino all'ultimo Grace tiene nascosto il suo segreto per tenere al sicuro la comunità.
All'arrivo del boss, il padre, Grace, messa di fronte a una scelta spigolosa, si dimostra infine uguale a tutti gli altri. Scarica sulla popolazione di Dogville tutte le violenze accumulate, arrivando al culmine della malvagità con la punizione alla madre dei sette bimbi.
Lo stesso spettatore, vedendo questa fine, è portato ad approvare la reazione di Grace e quindi si rivela egli stesso facente parte del mondo descritto dal regista: il mondo di Dogville, nient'altro che la miniatura del nostro mondo.
In conclusione si può leggere la scelta della non scenografia in diversi modi: la voglia di rappresentare l'indole umana spogliata di tutte le maschere e le apparenze (rappresentate dalla casa e dall'arredamento); un modo per raffigurare il tipico paesino in cui tutti sanno tutto di tutti e, dunque, ciò che ciascuno fa in casa propria è quasi di dominio pubblico; un espediente giustificato dall'utilizzo di un narratore onnisciente, che racconta la storia dall'esterno conoscendo già tutti i fatti e quindi con la possibilità di vedere anche attraverso le pareti. In questo modo lo spettatore è partecipe della sua visione a 360° e può analizzare meglio il contenuto della storia.
L'ultima sequenza del cane, unico superstite dell'incendio, che "prende vita" (anche del cane era disegnata per terra solo la sagoma), mi fa pensare ad una possibile considerazione amara (e allo stesso tempo ironica) e paradossale di Von Trier: il cane (e gli animali più in generale) è moralmente superiore all'uomo perchè non essendo dotato di ragione, nè di coscienza e quindi non discernendo il bene dal male, non può compiere nè l'uno nè l'altro (non si fa del bene con la pura esteriorità, ma anche con una compartecipazione interiore) mentre l'uomo è capace solo del secondo. In sostanza il cane rimane disegnato per tutto il tempo perchè passivo alle azioni che si stavano svolgendo e prende vita solo quando esse si sono compiute ed esaurite. Inoltre, ironia della sorte, il cane era stato l'unico ad aver subito in qualche modo un danno da Grace (la quale all'inizio dice di avegli rubato un osso) e tuttavia l'unico a non averle fatto alcun tipo di violenza.
Insomma un film altamente pessimistico e forse uno dei più cattivi e spietati di tutti i tempi. Primo capitolo di una trilogia non completa. Chissà Manderlay...
amterme63 15/10/2009 09:04:40 » Rispondi Ciao Julian. Bellissimo commento a Dogville, che anch'io ho visto e ho apprezzato molto. Ti rispondo anche in merito a Bastardi senza gloria. La differenza è che qui Lars von Trier ha avuto il coraggio di farci vedere il concetto nella sua nuda verità, ci ha resi perfettamente coscienti e consapevoli che siano delle "merde". Tarantino invece no, molto furbescamente ha travestito tutto di divertimento e spensieratezza e cerca di sviare per non farci accorgere di come siamo veramente. Il finale del film di Tarantino poi è molto "ruffiano" e ammiccante mentre quello di Dogville è molto nudo e crudo e per questo più onesto. Io non ce l'ho con il messaggio che uno vuole trasmettere, ce l'ho con il modo con cui uno lo fa. Lars von Trier è stato molto più onesto e coraggioso e per questo lo apprezzo di più (eticamente) di quel volpone di Tarantino.
julian 15/10/2009 11:22:34 » Rispondi Insomma Tarantino ha voluto farci capire che siamo delle merde, mascherando però il tutto con dei sotterfugi ? Io credo che non fosse nelle sue intenzioni, lo considero un autore onesto e sincero coi suoi spettatori. Se tu hai colto questo, evidentemente sei andato un pò oltre quello che lui voleva dire. Cmq è una questione interessante e difficile, e sicuramente sarai l'unico che ci ha pensato, perchè non la proponi in un thread sul forum ?
amterme63 16/10/2009 08:44:09 » Rispondi Non voglio passare per "uno che se la tira" ... (scherzo ovviamente). Comunque hai ragione tu, non era certo nelle intenzioni di Tarantino diffondere cinismo e accettazione della vendetta e del sadismo come forma possibile di comportamento collettivo (Guantanamo, Abu Ghraib). Però in maniera "occulta" e nascosta secondo me rivela questo stato di fatto e in qualche modo lo diffonde. Del resto tu pensa al ruolo importantissimo e decisivo che ha avuto il divertimento leggero, l'intrattenimento, la spensieratezza cinica nell'educazione ideale e politica dell'Italia di oggi. Secondo me non ce ne accorgiamo ma quello che noi reputiamo sia innocuo, secondario, ininfluente è invece quello che conta di più, rivela meglio come siamo e decide delle nostre sorti. In ogni caso è vero, sono l'unico che la pensa così, vuol dire allora che sono io che mi sto facendo delle "seghe mentali". Non ci fare caso. Ti saluto e ti ringrazio della pazienza.
julian 16/10/2009 16:57:59 » Rispondi A questo punto bisognerebbe bannare ogni film incitante alla vendetta o, in qualche modo, alla violenza: pensa alla trilogia di Park Chan Wook, ad Assassini Nati che pare abbia causato la strage della Columbine High School e tanti tanti tanti altri film. Non mi pare giusto perchè gli individui su cui tale "incitamento" ha effetto sono poi quelli già predisposti alla violenza. Una comune persona non si metterebbe mai ad uccidere solo perchè lo ha visto su un film. Tranquillo cmq, è lecito ogni tanto porsi domande "strane". Alla prossima, ciao.
amterme63 16/10/2009 23:25:12 » Rispondi Assassini Nati è infatti un film molto ambiguo, che a me è piaciuto poco (vedi mio commento). Tu hai citato le forme eclatanti e manifeste di violenza, poi ce ne sono tante altre più sottili di cui magari non ci facciano neanche più caso. A parte che non è colpa del cinema; è la nostra società così competitiva, cinica, la lotta quotidiana, la paura, l'indifferenza, la chiusura in sé stessi la causa principale. Il cinema, l'arte sono come mille specchi che riflettono a modo loro la realtà. Poi ognuno ha una reazione diversa rispetto all'immagine che vede. Ora basta, non voglio passare per un predicatore o un santone. Figurati. Ci risentiremo senz'altro per questioni o film più allegri.
wega 17/01/2009 18:26:20 » Rispondi Uh hai toccato un punto dolente, infatti io per il finale ero soddisfatto. Sono una mer.da insomma.
julian 17/01/2009 20:01:07 » Rispondi Ah si si ora ho capito rileggendomi. Si siamo tutte merd.e wega. Ti serviva quest'ultima dimostrazione per arrivarci ?
wega 17/01/2009 20:53:49 » Rispondi No, mi serviva quello che stavo per scrivere nel commento di Browning. Huston abbiamo un problema
julian 17/01/2009 19:54:34 » Rispondi Perchè ? Ovviamente è una mia interpretazione personale, ora però leggo la recensione e scopro che il film era tutta una metafora del cinema americano. Mah... non sono proprio d'accordo. Mi sembra una lettura troppo semplicistica di questo filmone critico e potente.