ULTRAVIOLENCE78 8½ / 10 10/12/2008 23:28:42 » Rispondi Straordinaria parabola sull’umanità. Lars Von Trier mette in scena una sorta di allegoria, volta a porre a nudo l’insopprimibile inclinazione dell’uomo alla prevaricazione e allo sfruttamento altrui, che si esplica soprattutto nei fenomeni da branco e, più in generale, nelle manifestazioni della collettività. La venuta al villaggio di “Dogville” di Grace, figura cristologica femminile incarnzazione –come suggerisce il nome stesso- della purezza e della grazia, destabilizza gli abitanti del luogo che, dapprima, si mostreranno sospettosi e scostanti nei suoi confronti; poi subdolamente amichevoli e, infine, si atteggeranno a veri e propri aguzzini, umiliando e calpestando il suo animo caritatevole e misericordioso. Così la dis-umanità da cui Grace era sfuggita si ritroverà irrimediabilmente in quello che avrebbe dovuto essere il suo luogo di riparo e protezione. Grace sperimenterà il tradimento in ciascuna delle persone con cui entrerà in rapporto, e in particolare con Tom/Giuda: colui che aveva fatto mostra di aiutarla, perché attratto dal suo spirito benigno, offrendo un amore che, di fatto, non c’è mai stato, rivelandosi proprio per questo più colpevole di tutti. Il villaggio di “Dogville” diventa, così, la rappresentazione di quel coacervo di infimi particolarismi e sentimenti (egoismo, invidia, sadismo, desiderio di sopraffazione ecc…) che coabitano nell’uomo e che si amplificano nelle (anguste) comunità, dove lo “straniero” è visto con diffidenza e circospezione. La bontà di Grace è destinata, dunque, a soggiacere sotto l’impeto infausto della nequizia collettiva, insensibile a qualsiasi manifestazione di benevolenza e misericordia che, anzi, non fa che accrescere e alimentare la disumanità della comunità. Il messaggio di Cristo fondato sul perdono viene, pertanto, neutralizzato e nell’incontro tra Grace e suo Padre –sorta di personificazione di Dio- viene addirittura ribaltato. Grace verrà “illuminata dalle parole di questi, e così al perdono si sostituirà la punizione come unico strumento necessario per governare e controllare gli uomini e le loro innate tensioni disgregatrici. A questo punto la passività caritatevole della “straniera” si trasmuterà in un efferato impulso vendicativo che non risparmierà nessuno, perche nessuno è degno di assoluzione. Ottima l’idea di una “mise-en-scene” metateatrale, in cui gli spazi non sono delimitati da mura e strutture materiali, bensì da barriere ideali erette dalle condotte esiziali e nefande degli abitanti di “Dogville”. Una menzione particolare va, infine, alla voce fuori campo nella versione italiana (Giorgio Albertazzi), che personalmente ho trovato incantevole.
Ciumi 28/10/2009 07:09:31 » Rispondi A proposito di "Ordet", hai mai visto "Le onde del destino"?
Ciumi 31/10/2009 12:22:55 » Rispondi Ehi, ultav, mi senti?
ULTRAVIOLENCE78 31/10/2009 18:36:29 » Rispondi No non l'ho visto, e se ci sono delle analogie allora me ne risparmio la visione.
Ciumi 31/10/2009 19:00:25 » Rispondi Ce ne sono eccome. Comunque non volevo riaprire il discorso "Ordet", volevo solo sapere un tuo parere sul film di Von Trier (che so essere un regista che apprezzi) che a me era piaciuto. Ciao.
wega 11/12/2008 00:09:54 » Rispondi Ah santo cielo sì, quella voce l'avrei ascoltata per un pomeriggio intero.