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DOG BITE DOG regia di Pou-Soi Cheang

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K.S.T.D.E.D.     6½ / 10  27/07/2007 14:14:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non so dove puntare il dito. Non so se puntarlo verso quanto di buono c’è, e ce n'è, in questa pellicola o verso ciò che in questa pellicola si poteva evitare. Rare volte mi capita di intristirmi così dinanzi ad un film che poteva essere ma che non è stato.

Di positivo c’è tanto. “Dog bite Dog” è una bestia che respira veleno e lerciume e caccia fuori dolore e cattiveria; si muove nel sudicio e rende tale anche ciò che non lo è. Ti soffoca con aria maleodorante e ti angoscia con un assoluto nichilismo. Non ci sono vie di fuga per nessuno, presto o tardi tutti i personaggi respireranno quell’aria corrotta e maleodorante, abbandonando il loro ruolo e oltrepassando il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, tra ciò che è bene e ciò che è male..anzi, a dire il vero, di questo confine nel film non si intravede neanche l’ombra e alcuni di loro un ruolo non ce l’hanno neanche mai avuto, sempre che “cane randagio” non possa essere definito tale. Si, come suggerisce anche il titolo, i due protagonisti non sono altro che questo, due bestie cresciute in cattività, uno in Cambogia costretto a massacrare e farsi massacrare dai proprio simili, l’altro in città costretto a percorrere una strada capace solo di logorarlo. Il primo intravede una via di fuga e cerca di arrivarci, l’altro non riesce più a vederla e vira verso l’annullamento di se stesso.
Quello tra i due sembra un combattimento clandestino, senza regole, senza rimorsi, solo rabbia; a sottolinearlo, i versi animaleschi, messì lì non certo per far scena, che accompagnano le scene in cui i due si affrontano e delle ambientazioni sporche quanto tutto il resto. Quest’ultime rappresentano un altro aspetto estremamente positivo; sono a dir poco perfette e maledettamente affascinanti; un continuo susseguirsi di discariche, strade deserte, mercati vuoti, tutti continuamente illuminati da lampioni che abbagliano e sfumano con quella luce gialla e accecante. Stesso discorso per le zone meravigliosamente desertiche in Cambogia, valorizzate da una fotografia tendente anch’essa al giallo.
I dialoghi sono ridotti all’essenziale, tutto è affidato agli sguardi, ai gesti, ma questa non è una novità dato che si sta parlando di una pellicola orientale.

Anche di negativo, purtroppo, ce n’è. Anzitutto, a smorzare l’entusiasmo durante la visione sono delle esagerazione sistematiche che si risolvono in gente che non si fa niente o quasi quando viene raggiunta da un colpo di pistola, in un tizio che riesce a non fiatare quando gli viene conficcato un coltello nella mano e in coincidenze improbabili ed evitabili che vanno a danno della credibilità. Ora, su queste esagerazioni si sarebbe anche potuto chiudere un occhio se non avessero raggiunto il culmine nei 30 minuti finali; infatti se è vero che la Cambogia, scenario finale, è in sé un’ambientazione perfetta, è anche vero che tutto il resto non convince affatto, partendo dallo scontro fra i due, passando per le discutibili scelte relative alla colonna sonora, fino ad arrivare ad una sequenza conclusiva si del tutto simbolica, ma comunque forzata e che vorrebbe da sola contrastare lo sfacelo dell’umanità sottolineato per tutta la durata della pellicola, ma che si risolve in una evitabile stonatura.

Insomma, il netto contrasto tra la prima parte di questo commento e la seconda, credo sia sufficiente a far capire quale occasione mancata sia “Dog bite Dog” e mi dispiace non poco mettere un voto così basso, specie se ripenso ai favolosi 10 minuti iniziali e alle interpretazioni perfette di Sam Lee e di Edison Chen (Infernal Affairs 2). Un vero peccato.