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FURIA SELVAGGIA regia di Arthur Penn

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amterme63     6½ / 10  17/11/2010 22:09:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non sono rimasto molto entusiasta da questo film. Il fatto è che invece di mostrare i pregi dello stile classico western, ne mostra piuttosto i difetti. Manca la concentrazione etica, la chiarezza o l'approfondimento interiori di tanti capolavori di John Ford e di altri grandi registi dell'epoca classica di Hollywood.
Il fatto è che Arthur Penn cerca di inserire dentro lo schema classico del genere un contenuto diverso e originale, ma non riesce a creare un'opera coerente e forte. Ci sono troppe incertezze, troppe ambiguità. I caratteri sono a volte incomprensibili nelle loro azioni e nelle loro scelte. Pesano poi le convenzioni dell'epoca (tutto appare misurato, controllato, perbene, edulcorato), di cui ancora Penn non è riuscito a disfarsi e che gli pesano molto.
Il "contenuto diverso" che Penn vuole inserire è una nuova visione etica e cinematografica del "delinquente", visto come un persona fondamentalmente buona, portata dalle circostanze e dalla sete di riscatto e giustizia a "delinquere". E' dunque il meccanismo sociale che spinge a essere "delinquente" e non esiste perciò una natura "delinquenziale" diversa da quella "normale".
La storia narrata di Billy The Kid segue più o meno quella realmente accaduta, senonché vengono idealizzate troppe figure. I padroni del ranch in cui Billy trova lavoro sono ritratti come onesti brav'uomini, timorosi di Dio e della Legge (mentre non erano altro che proprietari come tanti altri). La loro uccisione a tradimento da parte di proprietari terrieri rivali (addirittura con la partecipazione di uno sceriffo) e l'impotenza della legge a rendere giustizia, forniscono la giustificazione alla vendetta di Billy. Il tutto è riportato in maniera semplificata e sommaria, per nulla approfondita o ben rappresentata. Questo è uno dei tanti difetti di sceneggiatura di cui soffre purtroppo questo film.
La questione della "vendetta" e delle scelte seguenti di Billy non sono per nulla rese chiare e convincenti. Altrettanto improvvise, strane e inspiegabili appaiono anche le decisioni di Pat Garrett. Sfugge comunque la psicologia di quasi tutti i personaggi.
Il film comunque ci fa capire l'intenzione di Arthur Penn di assolvere e quasi "celebrare" Billy, proprio perché nell'animo è fondamentalmente buono e onesto. Viene fatto diventare in pratica un martire di un mondo incerto e senza regole. Nel film c'è anche un personaggio un po' avulso dalla storia che fa un po' da spettatore alle imprese di Billy e che prova verso di lui simpatia e compassione. Lui simboleggia un po' il tono che si vuole dare alla storia e l'atteggiamento che si vuole ispirare nei confronti di Billy (questo personaggio è stato ripreso da Peckinkpah nel suo film su Billy the Kid, dove era interpretato da Bob Dylan).
Paul Newman fa del suo meglio per dare sentimento e umanità a Billy ma finisce che lo rende forse fin troppo dolce e perbenino. La regia segue binari standard e si mantiene in una dignitosa media.
C'è però una scena bellissima che riscatta il film ed è guarda caso l'unica scena che Peckinpah ha ripreso nella sua versione della storia di Billy the Kid. E' quella in cui Billy si libera dalle manette e uccide l'odioso sceriffo. La scena parte in soggettiva dallo sceriffo che vede sfuocato Billy su di un terrazzo. Mette a fuoco e vede un fucile che spara (quindi verso lo spettatore). Lo sceriffo sa che sta per morire, si accascia a terra al ralenty e un bambino si avvicina come per gioco verso il cadavere, subito sgridato dalla madre. E' una scena splendida che contiene in nuce tutte le caratteristiche che faranno grande il cinema di Peckinpah, il quale ha omaggiato Penn proprio citando questa scena nel suo film, molto più realistico e "vero" rispetto a questo.
Penn comunque ha fatto capire in questo film di parteggiare per i "cattivi", di voler riconsiderare la loro posizione nell'immaginario collettivo cinematografico. Porterà a compimento il suo disegno con Gangster Story.