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KILL BILL - VOLUME 1 regia di Quentin Tarantino

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Godbluff2     8½ / 10  13/11/2022 00:28:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Kill Bill" ha seguito pari passo la mia "evoluzione" come appassionato di cinema ed io e lui abbiamo sempre avuto un contrastato rapporto in costante miglioramento: una quindicina di anni fa, il giovine adolescente che si approcciava curioso al cinema con una certa passione, sbavava dietro i grandi classici del Cinema d'Autore (quello "alto" il cinema che flirta con l'Arte con la maiuscola) e bollava un "Kill Bill" come una schifezza senza appello, collage citazionistico senza criterio con i combattimenti tamarri di arti marziali... Me di quindici anni fa, sei un deficiente, lo sai vero ? Poi con gli anni, studiando e facendomi idee personali sul cinema (d'autore e d'intrattenimento soprattutto americano ma anche non) questo film ha attraversato varie fasi di rivalutazione, fino ad arrivare alla definitiva presa di coscienza: "Kill Bill" è un gioiello puro di grande cinema (d'autore, si intende, perché se non è d'autore Tarantino...) girato da uno dei migliori intrattenitori cinematografici nella storia di tale mezzo espressivo. Rimane dietro, a mio avviso, ai suoi primi due film, in particolare all'irraggiungibile vetta cinematografara che è "Pulp Fiction", ma per il resto è un vortice "d'intrattenimento d'autore" che non posso non amare. E si, ci ho messo anni a capire l'ovvio. Un applauso sarcastico a me stesso.
"Kill Bill" è il massimo esempio di quell'approccio d'evoluzione del cosiddetto "cinema post-moderno" che Tarantino ha portato in scena fin dall'inizio; se il post-moderno si crogiolava nella sua dichiarata cultura cinematografica e sapeva intelligentemente citare e riprendere consapevolmente gli esempi dei maestri che lo avevano preceduto, il cinema di Tarantino e soprattutto "Kill-Bill" portano il discorso su un altro livello, quasi parossistico, di cinema che esalta la sua propria cultura e gode del citazionismo virtuosistico, dell'omaggio che diventa arte e stile cinematografico proprio.
Così in una storia di vendetta che ha come primo punto di riferimento il "Lady Snowblood" ("Shurayukihime") di Fujita ed è dotata del più perfetto ritmo narrativo immaginabile, Tarantino ci immerge nel suo vortice di urlata passione cinematografica, con una serie di studiatissimi riferimenti e non solo, visto come si diverte non solo a citare ma ad incrociare, ibridare, mescolare in queste citazioni i generi cinematografici, gli stili, le culture da lui più amate nel mondo del cinema, utilizzando, anche all'interno di una stessa sequenza, anche più stili di regia, di ripresa, in un film che il ritmo inappuntabile tiene unito alla perfezione ma che è davvero una centrifuga rapidissima di sguardi su tanti mondi e modi diversi di essere del cinema; in questo modo, capita che, nel momento più bello di questa prima parte, nella sequenza anime sul passato di O-Ren, e una sequenza in animazione nello stile giapponese sarebbe già stata abbastanza spiazzante lì, Tarantino ci piazza i tema decisamente morriconiani, uno composto da Armando Trovaioli per "I lunghi giorni della vendetta" di Vancini, l'altro, indimenticabile, di Bacalov (con tanto di vocalizzi di Edda dell'Orso) per "Il grande duello" (Giancarlo Santi); guardate l'effetto del contrasto delle musiche "morriconiane" di Trovaioli e Bacalov riprese da film di 30-35 anni precedenti, con il sanguinolento e violentissimo flashback anime che vediamo scorrere sullo schermo. Sembrano nati per essere legati assieme. Un capolavoro, un colpo di genio, un'ibridazione fulminante che si trasforma in uno dei momenti più emozionanti del film. La sequenza anime è diretta da Mahiro Maeda, mi sembra giusto citarlo visto che è la parte che preferisco del film.
Con un montaggio, compreso il montaggio sonoro si intende, dal dinamismo indiavolato e dalla perfezione tecnica assoluta di quel Mostro della compianta Sally Menke, che è un capolavoro nel capolavoro qui dentro, assistiamo ad una storia che si, è appassionante e raccontata benissimo, da gran imbonitore di folle quale è Quentino, ma che è esaltata proprio da questi continui balzi di stili, generi e omaggi.
Tarantino parla di questa prima parte come più orientata sull'omaggio al cinema orientale, il cinema d'arti marziali, mentre il secondo più sul cinema d'occidente con particolare attenzione all'amatissimo spaghetti-western; in parte è vero, se lo pensiamo a "blocco", ma in realtà è molto più mescolato di così (vedi appunto esempio della parte anime e delle musiche di quella parte), visti anche altri temi di cinema western italiano utilizzati ad esempio nell'ultimo capitolo di questa Parte I, o i riferimenti musicali della Blaxploitation (l'immenso Isaac Hayes).
E allora c'è spazio per un po' di tutto e un po' per tutti, tra immagini e musica: kung-fu, arti marziali, Sonny Chiba, yakuza movie, le "Cinque dita di violenza"duelli tra katana, pop-songs, rock'n roll, blaxploitation, Bruce Lee e la sua tutina gialla a strisce nere, Ennio Morricone (stavolta proprio lui, quello di "Da uomo a uomo" di Petroni), "Lady Snowblood" citato direttamente in musica con il suo tema centrale, gli anime giapponesi, la liceale minorenne psicopatica in live-action che sembra anch'essa un tipico personaggio di un anime, "Yojimbo" di Akira Kurosawa (presente Beatrix che sgrida e sculaccia il ragazzino che si è unito alla Yakuza e lo risparmia, rimandandolo a casa con un rimbrotto ? Ecco), i Peanuts e via dicendo, via dicendo, via dicendo.
Dunque 'sto film, di suo, qualcosa ce l'ha ? Si, ha Tarantino.
E siccome Tarantino ha una spiccatissima cifra autoriale nel rimescolare la sua passione citazionistica, tutto questo marasma è da vedere in salsa tarantiniana: i personaggi assurdi e sopra le righe sono puramente tarantiniani, i dialoghi sono tra i più ispirati dialoghi tarantiniani, le sequenze sono splendidamente tarantiniane (tutta la parte in casa di Vernita Green fa scompisciare) e il Pulp scorre a fiumi nella fierezza di un B-Movie nello spirito con il corpo di un blockbuster ad alto budget girato con i migliori mezzi tecnici possibili. Braccia saltano, calotte craniche se ne vanno a fare un giro, occhi vengono agilmente rimossi dal proprio lo**** originario, e gli spruzzi di sangue continuo sono fontane di gioia. Il Pulp, insomma. "Kill Bill", non dimentichiamocelo, è pure divertentissimo e sa far ridere, come sempre con 'sto matto scocciato di regista. Il furbone. La faina.
Senza dimenticare che parliamo di un regista con una padronanza del mezzo tecnico che ha ben pochi rivali, un virtuoso della macchina da presa, della regia e anche qui ne da diverse dimostrazioni, ne sottolineo tre molto evidenti: la prima, banale dirlo, sta nel favoloso piano sequenza alla "Casa delle Foglie Blu" che, nzomma, sono veramente 90 secondi di sfoggio di talento totale, tanto "tecnico" che di gestione e coordinazione della messa in scena.
Poi lo scontro con gli "88 Folli", il meglio anche di Menke oltre che di Tarantino e pure lì, tutta la parte in bianco e nero (che scherza sulla censura), i movimenti di macchina agili, il combattimento che pare attraversare degli stili di ballo, con i ritmi di danza segnati dalle diverse canzoni e musiche e con il montaggio audio-video perfetto che dà i cambi di ritmo alla sequenza e agli attori con quelli che paiono schiocchi di dita (ok, adesso attacca il brano rock'n roll- "Nobody But Me" degli Human Beign-e lo scontro pare diventare una danza diversa, si cambia ritmo, seguendo le sanguinolente movenze di danza di Uma Thurman). Poi ancora, luci spente, filtro blu e combattimento tra figure che richiamano le ombre cinesi. Pum. Che pure la fotografia di Richardson è di primo livello eh, ovviamente.
La terza è proprio il duello finale contro O-Ren. Quante fasi attraversa quel duello ? Fasi narrative, seguendo il crescente rispetto di O-Ren nei confronti di Beatrix e fasi musicali che sottolineano le fasi di regia. All'inizio, il duello è ripreso in modo più "classico", campi e controcampi, giochi di sguardi, qualche primo piano e piani americani più che altro e, durante un duello tra katane, ci stanno sotto i Santa Esmeralda, in quell'ibridazione di stili e culture che è l'ossatura del film; poi, quando il duello entra all'improvviso nella sua fase critica, nella fase decisiva, Tarantino cambia: la musica svanisce, gli unici suoni che sentiamo sono il cigolio del rubinetto dell'acqua nel giardino d'inverno, il soffiare leggero del vento e soprattutto il tintinnare delle lame l'una contro l'altra, mentre il combattimento all'improvviso è ripreso da lontano, con campi più lunghi, la regia diventa discreta, rispettosa, in un secondo il duello è diventato molto più "vero", molto meno spettacolarizzato; è reale; d'altronde gli scambi decisivi in duelli simili sono fulminei e letali, al primo errore sei morto; poi di nuovo primi piani, gli ultimi scambi di battute, sempre senza più musica, e di nuovo Tarantino si allontana riprendendo l'ultimo scambio in campo lungo, in rispettoso silenzio; una scelta che ho trovato stupenda. Il duello è fatto più che altro da battute e sguardi e poi da rapidi scambi tra katane; i cambi nello stile di ripresa e nell'uso del sonoro evidenziano queste fasi del duello; infatti, alla fine del duello e a scalpo effettuato, dopo il bel primo piano sulla materia grigia di O-Ren, torna anche la musica, ma stavolta ci si risintonizza sulle stesse frequenze culturali dell'immagine e, soprattutto, "Kill Bill" si unisce alla sua madre spirituale "Lady Snowblood", cento volte citata nelle immagini e nelle scelte di regia e di narrazione, ora anche in musica: attacca "The Flower of Carnage" ("Shura no Hana")di Masaaki Hirao, il tema principale del film di Fujita, interpretata dalla cantante e attrice protagonista di quel film, Meiko Kaji (oh, manco a dirlo, è come sempre la precisa versione originale ripresa dal film originale eh, copiaincollata come da foglietto illustrativo del tarantinismo).
Non poteva non esserci questa canzone e la voce di Kaji, l'originale lady snowblood, ad accompagnare la morte di O-Ren, in questa scenografia qui poi, visto che O-Ren "è" Yuki Kashima (il personaggio protagonista di L.S). Ecco, è quasi un passaggio di consegne alla nuova lady della vendetta, Beatrix Kiddo, che questa canzone celebri la sua vittoria contro O-Ren, l'alias tarantiniano della lady snowblood originale.
Scelte non casuali. Tutta questa sequenza fa di Tarantino un maestro del miglior intrattenimento cinematografico possibile. Pop-corn ed emozioni, manca solo un lucano, ma io sono astemio.
Ah, a rimarcare la scelta perfetta per le canzoni dei suoi film, tracce "pop" e "rock" di varie sfumature di genere ed epoche e stili, chi se la scorda più la sequenza iniziale dei titoli di testa con Nancy Sinatra che canta "Bang Bang".
Infine, visto che Tarantino è un gran direttore d'orchestra e d'attori ed è bravissimo ad esaltare il materiale che ha e a rivitalizzare attori in declino ecco, tra qui e il secondo capitolo abbiamo le belle interpretazioni di Carradine (tra l'altro, vecchia icona anche lui del cinema d'arti marziali), Daryl Hannah, Madsen, Sonny Chiba, Lucy Liu, Vivica A. Fox e, chiaramente, quella della sua musa e strepitosa protagonista Uma Thurman che, vabbè, è nel ruolo della vita, ed è pure co-autrice del soggetto, ci hanno lavorato insieme con Tarantellino.
Si insomma, 'sto personalissimo puzzle citazionista post-post-pre-qualcosa-moderno è uno spasso, è divertente e sa anche far vibrare le giuste corde dell'emozione, utilizza le componenti dello spettacolo-cinema al loro meglio ed è per questo che sa divertire quanto sa emozionare. Quasi un film da dire "Capolavoro", quasi perché 'sto super pastiche a mio gusto per un pelo non arriva dove arrivò "Reservoir Dogs" e soprattutto "Pulp Fiction" però, insomma, siam lì, non guardiamo il capello nel cervello di O-Ren dopo la discussione con la lama di Hanzo.