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PECCATORI IN BLUE JEANS regia di Marcel Carné

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amterme63     8 / 10  08/12/2007 21:52:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una bella fotografia dell’ambiente giovanile parigino alla fine degli anni ’50, con le sue inquietudini e i problemi esistenziali. Tutto sommato è una critica a una certa “moda” che si era diffusa allora, quella di condurre uno stile di vita spregiudicato e anticonvenzionale, mostrando quanto sia formalista e vuoto e altrettanto dannoso dell’ipocrisia che pretende di combattere. Al di là della testimonianza di un epoca è anche una bella storia vera e umana che riuscirà sempre a dire qualcosa. Molto bravo il regista nel gestire a dovere la storia, con le giuste inquadrature e i movimenti di macchina. L’unico difetto è la non brillante caratterizzazione dei personaggi da parte degli attori e quest’atmosfera un po’ poetica e forse poco realistica, tipica dei film francesi.
Le prime scene fotografano un ambiente fatto di ragazzi giovani sia dell’alta borghesia che degli strati più poveri, comunque desiderosi di riscattarsi. Il problema comune è l’insoddisfazione per i modelli trasmessi dai propri genitori, i ricchi per l’ipocrisia e l’indifferenza, i poveri per il ridurre la vita al solo materiale e economico. In loro scatta la molla della “ribellione”, che non è altro che crisi e insoddisfazione. Non avendo alternative, si limitano solo a distruggere tutto, vivendo in una specie di eterno “cogli l’attimo”, fatto di piaceri liberi e sfide ai limiti imposti anche dalla vita stessa. L’atteggiamento si traduce alla fine in una specie di sfoggio, in qualcosa di esteriore da mostrare agli altri. Si tratta di qualcosa di apparentemente negativo. In realtà queste persone s’interrogano dentro di sé, sono consapevoli, danno risposte anche se nichiliste. Sono persone quindi tutto sommato attive e pronte in un futuro a darsi da fare per costruire qualcosa di alternativo a quello che vogliono distruggere.
Il continuo giocare con i sentimenti, il voler apparire senza essere (tipico anche delle generazioni più anziane “ipocrite”, che vogliono combattere) finisce per ritorcersi contro a chi in realtà cerca proprio il punto fermo, la certezza interiore, l’appoggio morale e sentimentale di una persona il più a lungo possibile.
L’insegnamento che viene fuori dalla storia è la funzione rivelatrice e salvifica del dolore, il quale riesce a spazzare via tutte le finzioni e a rivelare l’animo umano nella sua essenza di bisogno di amore e verità e di coraggio per poter sopravvivere.