Dom Cobb 8½ / 10 03/05/2012 17:43:08 » Rispondi Dopo il definitivo (per fortuna) abbandono di Connery della serie, si riuscì infine ad ingaggiare Roger Moore per la parte dell'Agente 007. Il primo film col nuovo attore protagonista devo dire che è senz'altro uno dei migliori, nonché uno dei più divertenti: fin dall'inizio ci vengono propinate situazioni al limite del surreale ma rese godibili grazie a una robusta dose di ironia che non vira sull'autoparodia
a cominciare dal finto funerale, per poi passare alle disavventure nei vari bar "Fillet of Soul" e, non ultimo, l'esilarante sceriffo che cerca di arrestare Bond!
Guy Hamilton torna alla regia e, nonostante il ritmo sia sempre lento e la parte prettamente spionistica sia abbastanza debole, riesce a dare un tono più leggero e scanzonato alla vicenda, rendendola più facilmente digeribile, grazie soprattutto a una seconda parte tutta azione e botti. Il villain Kananga non sfigura ma non brilla neanche,
si ricordi fra i suoi scagnozzi l'uomo col braccio di metallo
la bond-girl di turno risulta un po' inferiore ad alcune ben più illustri precedenti, durante la visione permane la sensazione che qualche scena avrebbero potuto accorciarla, ma tutti questi elementi non scalfiscono la qualità generale del film, che resta assai godibile.
Mezzo voto in più per la strepitosa colonna sonora e l'altrettanto strepitosa canzone iniziale.
Dom Cobb 16/02/2022 16:36:03 » Rispondi Tre agenti dell'MI6 vengono uccisi a distanza di poche ore, rispettivamente a New York, New Orleans e un'isola dei Caraibi di nome Saint Monique. James Bond viene mandato a investigare e scopre che tutte e tre le morti sono collegate al presidente di Saint Monique, il dottor Kananga, e un misterioso boss criminale di colore, Mr. Big... Chiusa per sempre l'epoca Sean Connery è giunto il momento di voltare pagina, stavolta in maniera definitiva; a raccogliere il testimone è Roger Moore, che da qui in poi occuperà il ruolo dell'agente 007 per sette film e dodici anni, record di permanenza rimasto imbattuto fino all'era Craig. Ma a dispetto del cambio d'attore, l'approccio generale rispetto al film precedente rimane pressoché invariato: nel tentativo di ricatturare i fasti dei primi tempi si rimane in un ambito esagerato e vagamente fumettoso intriso di pulp, premendo l'acceleratore sull'ironia in modo da accomodare le doti del nuovo attore. Il risultato è un esordio solido e soddisfacente e un'ottima introduzione nella nuova stagione di 007. Come si è già visto, nel nuovo decennio ci si ritrova impantanati in un periodo di lieve crisi, dove il personaggio di Bond si ritrova a fare i conti con un panorama cinematografico e un pubblico molto cambiati rispetto agli esordi; la presenza in regia di mestieranti già familiari col personaggio ma oggettivamente tutt'altro che dei maestri, come Guy Hamilton, ha come effetto collaterale la mancanza di qualsiasi eleganza o raffinatezza visiva e il budget ridotto rispetto agli episodi più costosi e stravaganti causa anche un tasso di spettacolarità ridotto, con avventure più terra terra e trame incentrate su conflitti su scala più piccola.
In questo caso, un intrigo volto a dominare il mercato della droga, non proprio la stessa cosa che scatenare un conflitto mondiale da un vulcano spento o irradiare Fort Knox.
"Vivi e lascia morire" insomma segue pedissequamente la traccia del suo immediato predecessore, eppure a differenza di quello funziona alla grande. Innanzitutto perché, pur ponendo l'accento sull'ironia, stavolta si evitano cadute di stile nell'idiozia e nel grottesco, con soluzioni narrative studiate con maggiore attenzione e una tendenza a prendersi giusto quel tantino in più sul serio; secondo perché le ambientazioni caraibiche e quelle paludose della Louisiana, sfondo di gran parte delle vicende, conferiscono alla pellicola un sapore esotico che si confà maggiormente alla serie. E terzo, a dispetto della minor spettacolarità e di un ritmo lento nella prima parte, il film riesce a riscattare certe debolezze con un secondo tempo interamente dedicato all'azione, con scene d'azione realizzate con innegabile creatività e alcune fra le acrobazie fino allora più incredibili della serie.
L'inseguimento sull'autobus a due piani è già niente male, ma il tutto viene superato prima da un inseguimento su un aeroplano a cui si staccano le ali e poi da un monumentale inseguimento in motoscafo, dove spiccano gli spettacolari balzi sopra i terrapieni.
Il lato comico inoltre viene sfruttato molto meglio e con molta più verve rispetto a prima, con delle sequenze che fanno sganasciare senza dare l'impressione di trovarsi di fronte a una parodia.
Il finto funerale a New Orleans, dove si passa da un'atmosfera di triste cordoglio a un'allegra e festosa cerimonia, le disavventure di Bond nei vari ristoranti "Fillet of Soul" in cui finisce immancabilmente per sprofondare nel pavimento o trovarsi dal lato opposto di un muro girevole. Ma naturalmente la medaglia d'oro va a quel mattacchione buzzurro di sceriffo Pepper, autentico mattatore di una scenetta quasi a sé stante, con i suoi goffi tentativi di arrestare Bond e le "bande di cosacchi" che sfrecciano su e giù per i canali.
Roger Moore rappresenta gran parte delle ragioni per cui tutto questo funziona così bene: sebbene sia qua e là un po' acerbo, il suo spiccato senso dello humor e l'atteggiamento intriso di britishness si fanno notare fin da subito, contrassegnando un Bond più raffinato e meno tosto di Connery, ma non per questo meno simpatico; l'unico neo è forse la mancanza di sincerità nella sua interpretazione, la sensazione che ogni sua mossa non sia che una recita, col risultato che non sembra mai davvero creare un rapporto empatico con le persone che dichiara di voler proteggere. A fargli da contraltare il Kananga di Yaphet Kotto, villain sottovalutato, forse in generale un po' monodimensionale ma caratterizzato da alcuni momenti interessanti,
La scena in cui affronta Solitaire riguardo il suo "tradimento" è forse la più atipica per un villain di Bond fino a quel momento, capace di dargli una nota inaspettatamente umana, anche se solo per pochi istanti.
mentre il terzo vertice del triangolo è Jane Seymour, la cui Solitaire è una delle Bond girls più accattivanti, per quanto non scritta in maniera eccelsa. Il resto del cast se la cava più che dignitosamente, creando una fila di personaggi a dir poco pittoreschi, come uno scagnozzo col braccio di ferro uncinato o addirittura uno stregone vudù in apparenza invincibile, interpretato da un Geoffrey Holder dal satanico sghignazzo. In effetti, i riferimenti alla magia nera, ai tarocchi e alle superstizioni, mescolati all'ironia e alla classica avventura in stile Bond, conferiscono al film un'atmosfera tutta sua, misteriosa e a tratti psichedelica, ma senza mai perdere credibilità; un'atmosfera che si riflette e viene accresciuta dalla bizzarra eppure notevole colonna sonora firmata George Martin, coadiuvato da una delle canzoni migliori della serie a opera di Paul McCartney che ha fatto storia. "Vivi e lascia morire" ovviamente non è perfetto: qua e là ci sono delle lungaggini evitabili, il ritmo nella parte in mezzo ha qualche calo e alcune situazioni e personaggi secondari risentono di una cerca carenza di idee, svogliatezza o forse incompatibilità di base col materiale;
La figura di Rosie Carver, agente CIA doppiogiochista, è forse la parte più infelice del film, sia per la scrittura approssimativa sia per colpa dell'attrice ancora chiaramente non molto a suo agio, per quanto rappresenti la prima Bond girl di colore nella serie. Anche il rapporto fra Bond e Solitaire rimane molto superficiale, più che altro perché dalla performance di Moore non sembra mai che Bond sia davvero preoccupato per lei in alcun modo e non sembra mai nutrire alcun interesse oltre che quello di usarla per i suoi scopi.
ma l'intrigo ideato dallo sceneggiatore Tom Mankiewicz funziona a dovere e a conti fatti i pregi riescono a coprire magnificamente i difetti. Per due ore scarse, il film diverte e intrattiene con gusto e di tutti i film della serie rappresenta forse il più divertente.