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FULL METAL JACKET regia di Stanley Kubrick

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     9½ / 10  07/08/2006 14:24:48 » Rispondi
Uscì che era un pomeriggio di primavera... proposi ad un'ignaro amico di vederlo insieme. Personalmente non stavo piu' nella pelle, l'amico non sapeva neanche chi fosse Kubrick. Credo che mi abbia ringraziato piu' volte.
I quotidiani parlavano di un bel film bellico ma "niente di piu'", un'altro amico sentenziava che in fondo è un incrocio tra "ufficiale e gentiluomo" (sic) e "Platoon", ovvero la retorica hollywoodiana sposata a un capolavoro mancato (ma efficacissimo), nell'individualismo dell'ex marine Oliver Stone.
Al Diavolo tutti...
Il Vietnam di Kubrick non è l'ennesima variazione sul tema, egli non ha semplicemente attinto a un vero genere nel genere (l'invenzione smodata dei film sul Vietnam, non è agghiacciante e bellissimo che una guerra costituisca un genere cinematografico?) ma ha costruito qualcosa di molto personale e affascinante.
Il marine carogna (vero istruttore a cui K., malignamente e in barba al suo orgoglio indiscusso, regala una fine indecorosa) sostituisce i generali "che si fregiarono delle battaglie con cimiteri di croce sul petto" cfr. De Andrè già apparsi decenni prima nel rivoluzionario "orizzonti di gloria".
Nela prima parte, prevale tutto lo spirito cameratista che sceglie di distruggere il "diverso". Che non è, si badi, l'insolito pacifista Modine (in fondo adeguato al conformismo vigente) ma un'individuo fisicamente abnorme.
Davanti a tutto cio' costui combatte la "sua guerra" fino a dimostrare la follia degenere che l'autorealizzazione di sè come soldato e come uomo ha sciaguratamente portato alla sua salute mentale.

Il Vietnam della seconda parte sembra appartenere solo in apparenza a quell'ottica che esprime l'inferno e la goliardia sposati contemporaneamente come se fossero veicoli dello stesso dramma.
Gli Animals che cantavano "we gotta get out of this place" , le prostitute, l'erba da fumare, e i combattimenti.
Un guerriero indomito colpisce ovunque, esule solo dalla sua miseria di essere umano.
Il senso di giustizia non è mai domato, anche se resta un'icona come Mickey Mouse a riportare (metaforicamente) "tutti a casa".
Un'opera indimenticabile con il confronto solenne e un po' epico della morte senza causa