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1997 FUGA DA NEW YORK regia di John Carpenter

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Invia una mail all'autore del commento Alan Wake     9½ / 10  27/08/2013 23:31:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Da una sceneggiatura nata e cresciuta sin dagli inizi della sua carriera, Carpenter crea "1997: Fuga da New York", forse la sua pellicola più visionaria, originale, profonda, critica e in grado di offrire anche un sano intrattenimento.

Con una prova di maturità già superata diversi suoi film precedenti, Carpenter si ritrova nella sua forma migliore a dirigere uno dei suoi film migliori.
Il regista riesce a mescolare diversi generi (una delle sue abilità più notevoli), riuscendo a dare uno spirito pessimistico ed un tono leggero e abbordabile al film.
Nel lungometraggio si assiste sin da subito ad una descrizione accurata, estetica e non, di un futuro non lontano in cui la violenza e la criminalità hanno inghiottito la società.
Protagonista è dunque un degrado sociale incrementato, seppur in poco tempo, così notevolmente che la città di New York è divenuta letteralmente un enorme carcere a cielo aperto. Come dice l'iniziale voce narrante, qui vengono rinchiusi tutti i criminali d'America per non uscirne più.
Un attentato terroristico, però, fa precipitare il jet del presidente, diretto ad una conferenza mondiale ed in possesso di una importantissima audiocassetta.

Inizia così la triste e avvincente avventura del protagonista Snake Plissken (trasformato in Italiano senza ritegno in "Jena"), ex-marine tutt'altro che patriottico, ricattato dal governo e costretto ad entrare nella New York popolata dai criminali di ogni genere: entro 24 ore dovrà salvare il presidente e recuperare l'audiocassetta oppure verrà ucciso.
La visionarietà di Carpenter mette il luce un governo che ha perso ogni traccia di democrazia, a metà strada tra la repubblica e la dittatura.
Perfettamente plasmato è il personaggio di Plissken, un'icona coraggiosa, intelligente, anarchica ma idealista, posto da Carpenter nelle mani dei veri potenti del mondo: il governo. Snake diventa così un semplice burattino, e il suo spirito di "serpente" rimane quello di una preda nelle grinfie del rapace (ovviamente l'aquila degli USA, nel simbolismo di Carpenter)
Impossibile non cogliere ed apprezzare la scenografia di Alves, assecondata dalla visionarietà del regista che sfrutta una location perfetta e la cura ancora meglio. Ottima la fotografia di Cundey nelle scene notturne, cupa ed elegante.

Le condizioni della città, trasformata in un enorme ghetto, sono a tal punto miserabili che anche nell'enorme degrado sociale generale vi è uno scalino ancora più in basso: nonostante gli abitanti della città siano dei criminali, nelle fogne abitano una sorta di sub-criminali, rappresentati da dei cannibali che fuoriescono al calare delle tenebre.
Anche una nuova forma di politica si è instaurata nel carcere di New York: odiato dagli stessi carcerati senza manette, vi è il Duca, che decide vita e morte dei cittadini.
In realtà Carpenter, nella sua sceneggiatura, mostra da una parte i Repubblicani e dall'altra i Democratici (concetto che calcherà ancora più a fondo in "Fuga da Los Angeles") mostrando la loro poca differenza e, senza troppi sensi metaforici, il proprio parere politico su di essi (criminali in tutti i sensi).
Uscito dal carcere, l'umanità del protagonista sembra essere aumentata (chiamami "Plissken"), come se stremato dal mondo circostante.

A brillare sono la geniale sceneggiatura, la perfetta regia ed un incredibile Kurt Russell che cambia completamente prestazione dopo "Elvis -il re del rock", mostrando un personaggio freddo dentro e dall'espressione disgustata. Una recitazione stellare, coinvolgente e convincente, in grado di creare un personaggio immortale.
Di carattere teatrale, invece, gli altri personaggi, che producono comunque una buona recitazione.
Altro gioiello è la colonna sonora di Carpenter, probabilmente una delle sue migliori.

Film immortale e geniale. Una delle migliori pellicole della storia cinema.