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U TURN - INVERSIONE DI MARCIA regia di Oliver Stone

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kafka62     7 / 10  06/04/2018 14:52:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"U turn" inizia come un film indipendente anni '70 (fotografia sgranata e iperrealista) e finisce come un dramma alla John Huston venato della beffarda ironia di Scorsese (ossia "Il tesoro della Sierra Madre" miscelato con "Fuori orario"). In mezzo c'è il cinema noir anni '50 ("La fiamma del peccato" e "La signora di Shanghai" addirittura al quadrato, con Jennifer Lopez e Nick Nolte che vogliono uccidersi a vicenda), il grand-guignol di Tarantino, il ghigno di Lynch e dei fratelli Coen e, ovviamente, la regia di Oliver Stone. Stone è un regista che può piacere o meno, ma difficilmente annoia, non è originalissimo, ma quando è in vena (e in questo film lo è) lascia un indiscutibile segno autoriale. Con uno stile frenetico e visionario, fatto di rapidissimi passaggi da un piano dell'inquadratura all'altro, di macchina a mano e riprese aeree, sovrimpressioni e dettagli ingranditi, Stone ci conduce, insieme a Sean Penn, in un cul-de-sac senza via d'uscita, riuscendo però, a differenza del suo personaggio, a trovare sempre nuovi punti di fuga, in un labirintico e wellesiano gioco di specchi in cui protagonista assoluto diventa Superior, cittadina dell'Arizona fuori dal tempo e dalle carte stradali, e la sua gente bislacca e tarata, capace di rovesciare in incubo anche gli avvenimenti più normali (vedi il personaggio del meccanico). La vera cifra narrativa di "U turn" non è quindi il realismo di superficie (e quindi la storia di soldi e sesso), ma il surrealismo di fondo, a cui contribuiscono molti dei motivi cari al regista (il deserto e le sue suggestioni mitiche, lo sciamano, i simbolismi). Forse in parte è anche fumo negli occhi, ma il risultato finale è suggestivo e oltremodo godibile.