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IL PROMONTORIO DELLA PAURA regia di J. Lee Thompson

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Dom Cobb     9 / 10  31/08/2019 22:55:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un criminale appena uscito di prigione intende a tutti i costi farla pagare all'avvocato che l'ha spedito al fresco; per l'uomo e la sua famiglia significa l'inizio di un incubo man mano che il malvivente continua a spiarli con insistenza sempre maggiore e una presenza gradualmente più soffocante...
La vera sorpresa è quando ci si trova di fronte a un'opera dai precisi tratti stilistici tipici di un artista, che somiglia al prodotto di quell'artista in tutto e per tutto, sia nella forma che nel contenuto, quando in realtà non è affatto di quell'artista. In questo caso stiamo parlando di questo "Il promontorio della paura". Da quel che ho capito, Hitchcock doveva essere il regista salvo poi farsi da parte per motivi ignoti; poco importa, perché alla fin fine, il film in questione è probabilmente il miglior film hitchcockiano che lo stesso Hitchcock non ha mai diretto.
Gli ingredienti soliti del cinema del maestro della suspense sono tutti disposti lì, dalla persona "normale" intrappolata in una situazione più grande di lui al rapporto con i familiari che gioca un fondamentale ruolo a livello emotivo, alla tensione crescente, alle attese, alla minaccia onnipresente. Tutto ciò che manca è il nome di Hitchcock sui titoli di testa e l'illusione sarebbe completa. A maggior ragione applaudo il regista J. Lee Thompson, capace di creare una copia perfetta in termini di stile senza mai dare l'impressione di un'imitazione di seconda lega.
Il ritmo è scandito in maniera perfetta, senza tempi morti, e la sceneggiatura, che abilmente evita (quasi tutti) i luoghi comuni ormai divenuti una tradizione del genere,


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fila liscia come l'olio ed efficiente come un orologio svizzero. L'atmosfera man mano sempre più opprimente viene inoltre valorizzata da uno strepitoso bianco e nero, forse il miglior lavoro del fotografo Sam Leavitt, che finora non mi ha mai veramente impressionato. E poi c'è la colonna sonora di Bernard Herrmann, che sebbene manchi di temi memorabili, fa un eccellente lavoro nell'accrescere i toni aspri e sempre più urgenti della narrazione.
Gli attori sono tutti in palla, e a giganteggiare sono i due acerrimi rivali, il buono Gregory Peck e lo psicopatico Robert Mitchum: quest'ultimo in particolare mette da parte le esagerazioni e le gigionerie di alcune sue passate interpretazioni (si veda "La morte corre sul fiume") e riesce a rendere il suo ex galeotto una vera, palpabile minaccia.


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Si fa notare inoltre un Telly Savalas ancora relativamente agli inizi in una parte secondaria.
Come ho già detto, l'intera produzione risulta impeccabile, al punto che uno non si accorgerebbe neppure della vera identità del regista senza essere prevenuto. A mio modesto parere, questo fantastico thriller non ha nulla da invidiare al miglior Hitchcock, e meno male, considerato il potenziale del soggetto. Un'autentica chicca da non perdere, invecchiata benissimo.