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I CINQUE SEGRETI DEL DESERTO regia di Billy Wilder

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Invia una mail all'autore del commento wega     8 / 10  04/02/2009 13:25:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi è piaciuto molto questo minore di Billy Wilder, uno dei pochi che ancora mi restano da vedere. Fa parte di quei quattro ("L' Aquila Solitaria" ancora non l' ho visto) film a sfondo bellico del regista viennese, anch' esso impegnato in certe produzioni a propaganda anti nazista durante la seconda guerra mondiale; "I Cinque Segreti del Deserto" è stato girato proprio nel 1943 nel deserto californiano, per questo autore si tratta di una delle rarissime escursioni fuori dagli studios. Se da una parte si è sempre notata una certa influenza di Lubitsch, dichiarata, da un' altra credo per Wilder sia altrettanto evidente un certo riconoscimento verso Renoir: "Stalag 17" si ispira in più punti al Capolavoro "La Grande Illusione", in questo film, oltre ad esserci un Von Stoheim che interpreta un ufficiale tedesco dalle movenze simili, troviamo una struttura narrata in più lingue diverse; l' inglese, il tedesco e anche l' italiano. "I Cinque Segreti del Deserto" è la terza regia di Wilder, dopo "Frutto Proibito" è solo un altro pretesto per affrontare il tema del travestimento tanto caro al regista, e di intarsiare di commedia un film nato per essere preso sul serio, dal finale ben poco consolatorio. Non si tratta di un capolavoro, e non ci metto nemmeno il "credo", sia per la difficoltà dell' autore che ho riscontrato anche nelle altre pellicole nel prendere una lucida distanza dagli accadimenti - dato che si trattava di un ebreo fuggito a Hollywood - senza farsi prendere troppo la mano, sia per il film in se, che non ha certo le pretese, comunque, di essere tra quelli a sfondo militare più memorabili. Girato praticamente in un interno (a parte l' inizio e l' epilogo nel deserto), e tra pochi attori, è molto semplicemente "l' esercito francese e l' esercito tedesco", dove i nazisti sono talmente carichi di sè e furbi da essere in realtà solo degli ingenui. Curiosi, come trovo sempre, i fili conduttori con le altre opere, ad esempio il luogo angusto come elemento di salvezza (il bancone qui, la cisterna di "Stalag 17", la scrivania di "Prima Pagina", il tavolone di "A Qualcuno Piace Caldo"), o la critica all' americano medio ancora in stato embrionale, sviluppato poi eccellentemente nel capolavoro del 1960, "L' Appartamento": "Io...ex impiegato in una compagnia di assicurazione nel cuore di Londra, addetto agli uffici reclami, timido e tremante davanti al capufficio..". Insomma non un capolavoro ma è veramente bello e anche divertente, con una colonna sonora molto simile al successivo "La Fiamma del Peccato" che non risparmia momenti di vera suspense. Buona la fotografia di John Seitz ed eccellenti tutte le interpretazioni, soprattutto il caratterista (credo) proprietario dell' albergo egiziano. Bellissima Anne Baxter.