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SPIDER-MAN 3 regia di Sam Raimi

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Invia una mail all'autore del commento pompiere     8 / 10  07/07/2010 11:47:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Molti mugugni e dissensi per questo terzo capitolo della serie sul più conosciuto tra gli “aracnidi animati”. Dubbi sulla qualità, la plausibilità, le lungaggini narrative, le troppe frecce all’arco di Raimi e del fratello.
E invece… le scene d’azione si rivelano splendide e rutilanti, accompagnate da sorprendenti effetti speciali e da una regia esaltante e puntualissima nel rimarcare gli svolazzi dell’uomo in calzamaglia, con una splendida idea di cinema di intrattenimento che strizza l’occhio a contenuti filosofici.
La macchina da presa di Sam Raimi striscia rasoterra come una melma nera e cattiva, insinuante come la sabbia che, dopo un incidente di fisica nucleare, entra nel Dna del povero carcerato fuggitivo e lo rende un eroe ancor più solitario, costringendolo a rifugiarsi nei sotterranei della città. Il testo principale è sostenuto dal pregio di molteplici fette romanzesche che si uniscono senza scomporsi più di tanto.

Pur essendo costato l’iperbolica cifra di 300 milioni di dollari (comprensivi delle spese di marketing), la pellicola siffatta è intimista, accende i riflettori sulle persone invece che sulle cose, insiste sui vincoli umani. Il passato che ritorna, prepotente, e che si porta dietro storie d’amore intrise di gelosia, amicizie che recano ancora ferite profonde e morti che invocano giustizia, non è roba da poco.

Spiderman ha così a che fare con una moltitudine di rogne a causa delle quali il rosso, per una volta, diventa nero, scompone i capelli in un frangetta e da’ il via al senso di vendetta e a una sensazione di rancoroso autoritarismo, supremo e assoluto.
La “versione black” amplifica l’aggressività del Nostro, la malvagità che ne scaturisce sembra incontrollabile ma riesce anche a migliorare certi aspetti del suo carattere remissivo: finalmente Peter fa colpo sulle ragazze, è risoluto sul lavoro e si fa aumentare lo stipendio. E’ sicuro e disinvolto, cambia modo di vestire e sembra pronto per andare a ballare alla “2001 Odissey”, in una divertente strizzata d’occhio all’andatura di John Travolta.

L’ironia, dispensata in grandi dosi, trasuda in ogni scena: sia mentre i cittadini sono in pericolo o nella redazione del Daily Bugle, dove il capo Jameson deve fare i conti con la pressione alta e, sotto l’occhio vigile della segretaria, prende un sacco di pillole, mentre viene gestito da improvvise scosse date alla scrivania. Da non perdere anche la sabbia che filtra nel costumino del supereroe e la porta dell’appartamento perennemente bloccata.

La gremitissima battaglia finale è, va detto francamente, spesa un po’ male… la sceneggiatura sparisce, l’azione si prolunga, e il senso filmico viene tradito dall’urgenza di mostrare qualche superlivido.
Tutto questo prima di esplodere emozionalmente in una voglia di malinconia e in un trionfo di sentimentalismo, con la figura cattiva di Sandman che si scopre tragica e afflitta.