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L'ARTE DEL SOGNO regia di Michel Gondry

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7½ / 10  30/03/2007 22:11:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"L'arte del sogno" ha entusiasmato la critica, mentre il pubblico di filmscoop è rimasto in gran parte perplesso, come davanti a un oggetto non identificato, un ufo, tutti o quasi sembrano lodarne l'eccentricità ma non hanno potuto (o saputo) favorire la scissione che il soggetto pretende.
Fatte queste debite considerazioni, il film è letteralmente squisito, ma rischia di prevaricare con il suo messaggio, al punto di sfiorare in certi punti uno sterile manierismo. Se non c'è la tentazione di farne una briosa commedia - favola moderna, è altrettanto vero che Gondry rischia di parodiare proprio quel tipo di commedie (americane, non europee) che tanto successo hanno oggi nei box-office. Un compromesso stilistico, oppure (al contrario) un'eccesso di ambizione?

Dubito in fondo che gli spettatori riescano a cogliere - nella leggerezza apparente della vicenda - la capacità di Stephanie di "modificare gli oggetti ad uso della propria percezione" e questo perchè non si capisce mai quando le intenzioni del regista siano mirate e serie o da prendere con le pinze.

Un po' supereroe onirico, un po' Mork-Williams, un po' Ed Wood, un po' freak, un po' Micheal J. Fox (v. la somiglianza fisica, i riferimenti a back to the future. etc.), il personaggio di Stephane sembra vivere in una dimensione astratta anche quando esprime la propria dipendenza (?) dalla realtà.
Una realtà che lo vede lavorare in uno strano ufficio popolato da un collega che sembra Peter Sellers, e da un Capo che pare uscito dal Mr. Hula Hoop dei fratelli Coen.
Tra un'illuminante "un uomo deve avere le redini della propria vita" e un paradossale scioglilingua ("La distrazione è un'ostruzione alla costruzione") il film ha il grosso merito di rimarcare l'uso e il linguaggio del sogno /(v. prime sequenze) appropriato alla vita diurna e alla veglia, e i rischi che si corrono quando si evita di scambiare i simboli per autentici messaggi esistenziali.

A dirla tutta, questo film dovrebbe essere pane per i miei denti: la mia dimensione pescina vive il sogno fino al paradosso, è quasi un'ossessione, ma è la perdurante natura romantica del film a non convincermi fino in fondo.

Figurativamente Gondry non ricorda molto Burton, se non nel personaggio proprio di Ed Wood: ci sono parametri e ricalchi kitsch degni semmai proprio del cinema d'animazione sperimentale europeo.

Notevolissimi certi episodi colti a filtrare la dimensione piu' ampia del sogno, dal R.e.m. ("mentre sogni gli occhi si muovono") al Sogno Lucido fino all'esperienza sovrannaturale (e, forse, indirettamente ambigua) del fenomeno O.b.a., che è quando da una sensazione onirica si trova la forza di aprire gli occhi e assistere a un vero e proprio transfert del proprio corpo dalla dimensione primaria.
Ovviamente non pretendo che qualcuno ci creda, ma è suggestivo che qualcuno in un film faccia un seppur vaghissimo riferimento a questo fenomeno.

Tra trasfigurazione e realtà, un film che invita al potere della "creatività del pensiero inconscio" suggerendo anche una forte invettiva in favore della raccolta differenziata, del riciclaggio di materiale usato.

Non direi proprio che il film invita a trasmettere un senso infantile e dorato della propria vita: a dire il vero, ho pensato piu' volte nel corso del film a quanto fosse inutilmente idiota, fino alla caricatura, Stephane.

Semmai quello che ho colto, e che mi ha dato un intensissimo calore, è l'aspetto surreale della dimensione domestica, un ritorno all'antico, scevro da tutti i congegni elettronici, come il passato che riemerge, come gli oggetti riscoperti dopo molto tempo, che reclamano attenzione quando stai per buttarli via, e ritrovi la forza di non separartene piu'
Invia una mail all'autore del commento Gualty  09/01/2008 01:26:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Secondo me sei stato troppo critico. Il messaggio fondamentale del film è l' incredibile potenza della rappresentazione che ognuno ha della realtà, e delle sue sfumature. tanto è vero che il regista si sofferma sui giochetti delle dita e del transfert percettivo...
Così il film si svolge in un ode alla raffigurazione, riuscendo in questo ad ammaliare con le sue scenografie allucinanti e a disorientarci ponendoci dal punto di vista di un narcolettico e delle sue allucinazioni ipnagociche che sono solo l'estremo della nostra capacità di inventare, fantasticare, sognare.
Certo, la storia d'amore sembra un po' invasiva ogni tanto, stephan sembra ed è una macchietta a livello sociale, ma ciò dipende proprio dalla sua "malattia" che lo proietta in un mondo in cui ogni possibilità prende forma reale, e un'amore che al limite dell'animalità risulterebbe facile come una " capra sul dirupo" si trasforma in una matassa ossessiva.
Comunque ti consiglio il recente libro " la casa del sonno" , potrebbe piacerti data "la tua natura pescina" .
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  09/01/2008 10:48:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'ho letto sì