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CASINO' ROYALE regia di Martin Campbell

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Dom Cobb     8 / 10  08/05/2012 21:39:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La prima volta che vidi Casino Royale, mentre lo trasmettevano in televisione, ricordo di essere rimasto shokkato nel vedere stravolto in quel modo un personaggio che aveva fatto parte della mia vita praticamente fin da subito.


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Inoltre, dovevo essere particolarmente stordito per essermi lasciato sfuggire la trama, raccontata così velocemente che mi era apparsa priva di logica. E' stato solo in seguito alla visione del ben più "bondiano" Quantum of Solace e di alcuni video su Youtube che ho notato di quanto, in fondo, questo esordio di Daniel Craig non fosse poi così malaccio, e ciò mi ha spinto infine a comprarlo.
Ma andiamo al punto: Daniel Craig l'ho rivalutato insieme al resto del film, e devo ammettere che se la cava senza infamia e senza lode (un po' di espressività in più ce la poteva mettere), gli altri attori sono intonati con i loro personaggi e risultano azzeccati, pur non facendo miracoli, la storia riprende il romanzo originale di Fleming, anche se è da notare qualche forzatura di troppo e alcuni passaggi poco chiari.


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In ogni caso, la sceneggiatura è buona, nonostante qualche sbavatura, la regia è ottima e il godimento anche. Un Bond diverso, ma che garantisce davvero una bella serata, anche se la durata, sinceramente un po' eccessiva, si fa sentire.
Dom Cobb  24/09/2013 15:57:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi


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Dom Cobb  31/01/2024 16:39:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dopo essersi guadagnato la promozione ad agente 00, il primo incarico di James Bond è smascherare una rete terroristica internazionale; ogni traccia conduce all'ambiguo banchiere Le Chiffre, che in seguito al fallimento di una delle sue operazioni cerca di rifarsi organizzando una partita di poker al Casino Royale in Montenegro. Bond viene inviato a partecipare al gioco, accompagnato dall'affascinante contabile Vesper Lynd...
"La morte può attendere", che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere una celebrazione di uno dei franchise più longevi e di successo nella storia del cinema, si era rivelato invece uno dei capitoli più divisivi di sempre; non solo per alcune infelici scelte d'esecuzione, ma anche per un panorama cinematografico in rapido cambiamento.
L'11 Settembre non ha solo cambiato la facciata geopolitica del globo, ma anche la percezione di un certo tipo di cinema d'intrattenimento, dove topoi e convenzioni prima normali sono ora diventati inaccettabili. E l'avvento di nuovi eroi come Jason Bourne, più terra terra, più credibili, meno esagerati, più tormentati e soprattutto più umani, rispecchia un clima d'incertezza in cui il pubblico si riconosce maggiormente. In uno scenario simile, non c'è più posto per il James Bond frivolo e invincibile di una volta. Bisogna ripensare l'intera saga da cima a fondo, trovare un nuovo approccio.
"Casino Royale" mostra tutto questo senza mezzi termini, a partire dal prologo emblematicamente girato in bianco e nero. Stilisticamente si rifà chiaramente al modello Bourne, con l'eleganza e la spettacolarità tipica di Bond mescolata a una vena di realismo che mancava dai tempi di Timothy Dalton e qui ancora più marcata. Seguendo l'andare ciclico della saga, raggiunto un picco di assurdità si torna coi piedi per terra e vale anche qui: al posto di miliardari pazzi con piani di conquista del mondo si passa a minacce più reali, più consoni a un mondo post-Torri Gemelle.
Allo stesso tempo si approfitta del disporre finalmente dei diritti sull'omonimo romanzo di Fleming, il primo sull'agente segreto 007, per compiere una vera e propria operazione reboot: i precedenti film non contano più, ora Bond è un novellino che si è appena guadagnato la licenza di uccidere e si trova al suo primo incarico, con tutte le insicurezze e ingenuità del caso, ancora privo dei tratti tipici del personaggio come lo conosciamo. Perciò, niente Vodka Martini, niente trattamento usa e getta delle donne e minore accento sull'umorismo.
Il risultato è di buona fattura, ma soffre di tanti piccoli errori un po' troppo in vista. Il film parte col botto, con una prima ora che offre un ottimo modello di Bond versione ventunesimo secolo: nonostante manchino i gadget e l'ironia tipica della serie, il ritmo è elevato e le due principali scene d'azione


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sono realizzate in maniera magistrale, con un ottimo uso della tensione e soprattutto senza diluirle in maniera spropositata. Verrebbe quasi da pensare che l'intera storia raccontata qui possa costituire un film a sé, quando invece costituisce niente più che un prologo al resto della vicenda. Non mancano le incongruenze e anche alcune ingenuità alquanto difficili da digerire,


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il gioco tiene benissimo, merito anche dello splendido comparto tecnico che per una volta rispecchia pienamente l'alto budget messo a disposizione.
Il problema principale del film è che, finita la sequenza a Miami, inizia lentamente ma inesorabilmente a declinare in qualità, peggiorando man mano sempre di più. La sezione centrale è interamente occupata dalla lunga partita a poker, le cui singole mani beneficiano della solidissima regia di Martin Campbell (già regista di Goldeneye e dunque "salvatore" della saga per la seconda volta), ma che perde di mordente ogni volta che ci si allontana dal tavolo da gioco. La storia d'amore con Vesper Lynd è interessante ma mai veramente incisiva e le incongruenze iniziano ad accumularsi in modo sempre più vistoso, specie quando la trama viene piegata al bisogno di inserire forzatamente scene d'azione ben girate ma in fin dei conti inutili;


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e le cose peggiorano nel terzo atto, raggiungendo picchi di assurdità che hanno dell'incredibile in un film che cerca così chiaramente di aspirare al realismo.


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E il tutto culmina in un finale che cerca di essere spiazzante ed emotivo ma risulta piuttosto confusionario e insensato, volto solo a mostrare un Bond più vulnerabile e umano fallendo miseramente.


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Ed è un peccato, perché cast e team tecnico sono entrambi in ottima forma, con alcune singole scene rese in modo particolarmente efficace e con un tasso di aggressività e violenza che sono una ventata d'aria fresca a questo punto del franchise.


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E' anche il primo film della saga da un po' di tempo a questa parte a sembrare fatto "in grande": gli ambienti e i set sono spaziosi, la fotografia sgargiante senza essere eccessiva e il formato panoramico viene sfruttato al massimo. E la colonna sonora di David Arnold risulta dinamica ed efficace, anche con un uso minimale del tema principale; svetta in particolare la frizzante ed elettrica canzone dei titoli di Chris Cornell.
Con una nuova era di Bond si fa avanti un nuovo attore: partito Pierce Brosnan, si fa avanti Daniel Craig, scelta che a suo tempo ha causato scandalo per via del suo... essere biondo! Da parte mia, i capelli dell'attore non sono un problema: Craig è volutamente più grezzo, più freddo e spietato, più rozzo dei suoi predecessori e per questa particolare versione del personaggio la sua interpretazione funziona bene. Forse il mio problema è che sono troppo abituato a un James Bond elegante e raffinato e Craig non è né l'uno, né l'altro; anzi, Craig è forse il primo attore nel ruolo a risultare del tutto a disagio in uno smoking, leggermente fuori posto in un casinò o un ristorante di lusso e fin troppo complessato per uno che si è gettato a capofitto nel suo mestiere di assassino prezzolato di propria volontà. E questa è una caratteristica che si porterà dietro in ogni sua performance nel ruolo.
A fargli da contorno è un cast variegato, con una suadente Eva Green, un Mads Mikkelsen che è nato per fare il cattivo, il sempreverde Giancarlo Giannini e la solita, grande Judi Dench nel ruolo di M.
Con "Casino Royale" si inaugura a tutti gli effetti il Bond contemporaneo, che sostituisce la baldanza e l'ironia dei bei tempi con un atteggiamento più cinico e disilluso, più tormentato e incerto, specchio dei nostri tempi. L'attenzione all'aspetto più umano e sentimentale di 007 finirà per appesantire non poco le sue avventure più recenti, ma per il momento si rimane ancora in ambiti abbastanza leggeri e il film scorre bene nonostante la durata non breve, almeno per la prima metà. Peccato che nella seconda si scada totalmente nel patetico, per di più lasciando la vicenda fastidiosamente in sospeso. Quello che per tutti è il miglior Bond, per me è solo metà di un grande film di Bond.
VOTO: 6 e 1/2