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APPUNTAMENTO A BELLEVILLE regia di Sylvain Chomet

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Ciumi     8 / 10  02/12/2010 18:40:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Comincia già in un'atmosfera di autunnale nostalgia, resa maggiore dallo stacco che segue all'introduzione affollata e scherzosa: l'ambiente dimesso della casa della nonna, l'infanzia uggiosa e solitaria del nipotino. Poi tale clima è trasferito nello spirito del ciclismo, lo sport della fatica e delle salite quotidiane, glorioso solo in passato, umile, taciturno, ma anche lo sport dell'aria aperta e dei paesaggi, di una modesta libertà che per Champion cominciava con i giri nel cortiletto.

Il film sembra reggersi sul confronto tra vari opposti: fra tradizione e progresso, tra le vie pittoresche del paese europeo e gli ambienti della metropoli statunitense, tra i volti scavati dalle pedalate e quelli rimpinguati dai cibi dei fast-food; e tra il cane e la macchina - il furgone, la locomotiva specialmente, un mostro nemico che il pigro animale ritrova anche al di là dell'oceano, in una sfida buffa e silenziosa contro il mezzo veloce che comincia forse proprio contro la bicicletta, dal momento in cui il bambino la preferisce a lui.
E' anche in questo riuscire a penetrare meglio nella psicologia e nei sogni di un cane lo sguardo poetico e infantile di Chomet, in quel mondo in bianco e nero che ruota attorno a una ciotola, mentre i personaggi umani rimangono tutti (meravigliose) caricature senza veri pensieri.
Ma il confronto è anche quello artistico, tra due culture dai tratti differenti, quella europea e quella americana (già citata nello spettacolo iniziale, dove lo stile dei disegni ricorda le prime animazioni Disney), separate da un Atlantico nel film non poi così sterminato. Un confronto che passa anche dalla diversa ispirazione artistica della nonna e del trio delle vecchie, tra le note di un pianoforte ‘portoghese' e i concerti rumoristi. Un confronto che trova, tra le tante citazioni, la sua prima fonte nella comicità di Tati: poetica, surreale, delicata, stramba, caricaturale, fuori dal tempo, critica nei confronti della modernità ma in maniera lieve, come se l'importante fosse continuare a divertirsi e il non scendere mai dalle nuvole. Del resto tatiane sono anche le intromissioni nel mutismo del sonoro, dove i rumori, che qui contano quasi quanto le immagini, vengono a sostituire le parole.

Disegnato benissimo, molto particolareggiato, ‘Appuntamento a Belleville' inventa svariati personaggi e scene divertenti (la caccia e il pranzo delle rane, assieme ai sogni di Bruno, rimangono forse le migliori), ma la sua ricchezza è forse anche un po' il suo limite. I fotogrammi di un cartone animato non sono le pagine di un fumetto; essi si sfogliano da sé, non ci si può fermarsi a guardarli, e qualcosa per forza lo si perde, anche a livello narrativo. Si perde, soprattutto, il primo protagonista, Champion, il ragazzo ciclista dal profilo di Coppi che con l'andare si svuota di personalità, perde anima, a favore del personaggio della nonna che sfida e vince le distanze, l'oceano, la mafia, il continente straniero.