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SHORTBUS regia di John Cameron Mitchell

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amterme63     7 / 10  25/02/2011 23:53:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi ha ricordato molto "Sesso, bugie e videotape". Entrambi sono dei film-termometro, raccontano lo stato dell'arte nei rapporti interpersonali e i conflitti esistenziali in alcuni individui rappresentativi. Indirettamente ci dicono anche come si vive e come una società (quella americana) rappresenta se stessa.
Nel film del 1989 si descrivevano gli smarrimenti e le incertezze di una famiglia e di persone in un normale contesto borghese. Alle prese con la crisi delle istituzioni, dei rapporti interpersonali e della propria vita sessuale, i protagonisti cercavano almeno di rifletterci sopra, parlando, discutendo apertamente (era un film quasi "bergmaniano"). La novità di quel film era l'uso attivo dell'immagine filmata come rappresentazione "genuina" della realtà; il riconoscimento della finzione come unico mezzo per comunicare con gli altri ed essere se stessi.
Dopo quasi vent'anni la situazione negli USA non è molto diversa, si è comunque evoluta e in un certo senso assestata. Si è imparato a vivere con l'incertezza e la mancanza di punti di riferimento certi e addirittura questo apparente "disagio" lo si fa diventare una specie di "forza", un motivo di orgoglio, in quanto rappresenta il massimo di libertà che un individuo e una società può augurare per se stessa. Non a caso il film si apre con l'accenno alla tragedia dell'11 settembre. Il regista ci vuole far capire che nel mirino dei terroristi fondamentalisti non c'erano solo i simboli del potere economico e politico, si voleva colpire la città di New York anche come simbolo di un modo di vivere estremamente libero, spontaneo, vero, genuino; soprattutto onesto nel non nascondersi nulla dei propri problemi e volerli in qualche maniera affrontare a viso aperto.
In effetti è così: nella loro eterogeneità e contraddittorietà gli Stati Uniti offrono in alcune ristrette cerchie una libertà individuale quasi completa, pur nei limiti del rispetto reciproco. Questo film ci insegna a liberarci di tabù, vergogne e morbosità che noi sottosviluppati italiani ancora ci portiamo dietro come zavorra. Negli anni '50 nei film americani ci si baciava con passione mentre in Italia si tagliavano le scene. Oggi in un pellicola americana si rappresenta il sesso come un evento normalissimo, naturale, appunto come un banalissimo bacio (che quindi si può dare/fare come segno di amore, benevolenza, amicizia con chiunque, indipendentemente da rapporti istituiti) e in Italia ci si scandalizza schifati (per poi fare di peggio ipocritamente in privato). Spero che questo film diventi una profezia di modi di vita normali e diffusi in tutto il mondo e non un piccolo sogno utopico.
Il film in ogni caso è tutt'altro che celebrativo. La grande libertà sessuale non basta, non è sufficiente. I problemi personali sono sempre lì, c'è insoddisfazione, c'è solitudine, c'è incomunicabilità. Anche qui il virtuale rischia di diventare il solo modo per rappresentare e rappresentarsi, l'unica comunicazione possibile insieme alla morte e alla distruzione dei legami quale unica via d'uscita. Per fortuna che interviene la solidarietà di gruppo. Dove fallisce il singolo, supplisce la cerchia solidale. Questo film finisce per esaltare una delle tipiche basi della società americana, quella della cerchia di persone unite da idee, gusti, modi di vivere omogenei e condivisi (quartieri di soli gay, di soli neri, di soli cattolici, ecc.).
In questa maniera si permette ai singoli di realizzarsi ma forse non a una società intera di emanciparsi. E' questo il limite del film (oltre a girare molto su fatti spiccioli), restringersi a una piccola cerchia, lasciando tutto il resto del mondo fuori. Il tono tutto sommato leggero non invita ad approfondire molto, mentre ogni tanto viene da reprimere lo sbadiglio.
Ma insomma, tutto sommato è un film molto carino, ben fatto, interessantissimo e sopratutto istruttivo, visti i tempi che corrono!