Terry Malloy 8½ / 10 26/05/2013 12:56:53 » Rispondi La violenza del cinema, arte perversa, colpisce se la si contestualizza. In un film dichiaratamente iper-violento poco faccio caso all'aspetto che ne costituisce la struttura e cerco di capire altri elementi, altri spunti, altre inquadrature rivelatrici di un disegno generale di senso. Ma quando in un film relativamente "commerciale" (nel senso, di ampia distribuzione) si inseriscono scorci di brutalità degna dell'underground, allora sì che mi stupisco. Ieri commentavamo che alla prima scena della ferinità omicida di Vidal avremmo portato via dal cinema un eventuale bambino al seguito. C'è un tipo di violenza che i bambini possono tollerare, ma non questa. Ed è proprio in ciò, nell'interrogarsi su cosa un bambino deve VEDERE della realtà e della finzione (Vidal - Il mostro con gli occhi nelle mani), che sta la riuscita di questo gioiello. Una storia tristissima, come tutto nella realizzazione tecnica. Ogni quantum di tecnica, ogni atomo costitutivo di questa pellicola trasuda la tristezza della storia, della vita, dell'infanzia. Alla fine ci troviamo a supplicare troppo spesso la morte dei protagonisti, immersi in una spirale di violenza dove la fine è un'eutanasia risparmiatrice. Mentre i fascisti operano una scelta di fine di civiltà, tutti gli altri, i buoni (una categoria molto più ambigua di quanto sembri), devono soccombere ognuno a proprio modo. Non risalta la dimensione della partigianeria, che avrebbe fatto di questo un film banalotto, ma piuttosto la quantità enorme di extra-dimensioni, di miti e leggende solo accennate, di luoghi visti solo di sfuggita, un suggerimento di evasione che può ancora essere attuale. Alla fine ci rimane una bella morte, e un compianto funebre che ci traghetti al di là.