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THE LOST CITY regia di Andy Garcia

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elio91     7 / 10  07/08/2013 18:10:03Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ha voluto fare le cose in grande Andy Garcia, per il suo esordio da regista: cast di stelle (lo stesso Garcia, Murray, Hoffmann, Sastre, Milian), sceneggiatura scritta da uno dei più noti scrittori cubani e anticastristi, musiche trascinanti composte da Garcia stesso... insomma, ingredienti di altissimo interesse.
Ciò che salva "The lost city" dalla mediocrità è proprio la voglia che ha Andy Garcia di esprimere il rimpianto di una città perduta per una causa causa persa (parafrasando la frase più felice e bella della pellicola): la sua è una vera e propria distruzione del mito della rivoluzione cubana castrista che fa cozzare contro lo scoglio di mille contraddizioni morali e politiche. Che Guevara è ritratto come un borioso e strafòttente figlio di pùttana, Castro è inavvicinabile e lontano, la presa del potere da parte di questi diviene una asfissiante prevaricazione tirannica lontana dalla tanto millantata democrazia.
C'è di che far girare tranquillamente le scatole a tanta sinistra ancora bloccata al mito cubano, cosa che personalmente trovo ridicola.
Al di là delle personali vendette private di Garcia contro il regime, vicenda che sconfina nell'autobiografia come tutto il film in fondo, è innegabile che la prima parte sia macchinosa e lentissima, a differenza della seconda che riabilita del tutto il lavoro del regista/attore.
Ciò che non funziona, oltre a qualche svarione perdonabile per un esordiente alla regia, è una sceneggiatura che vorrebbe contenere troppe cose e dire tanto dietro la cornice consueta della saga familiare ma non vi riesce del tutto. Perché c'è troppo da dire, appunto, e solo la seconda parte arriva ad una chiarezza espressiva inequivocabile dalla presa del potere di Fidel e il rovesciamento di Batista.
Ciononostante va dato merito a Garcia di aver creduto fino in fondo ad un sogno covato per anni con amore e questa sincerità di fondo la si avverte sempre per tutta la durata, ingenuità o meno. Ed è un bell'omaggio ad una città perduta che forse non esiste più, che Garcia ha conservato in qualche meandro dei suoi ricordi di bambino e Cabrera Infante ha reinventato da capo come nei suoi romanzi.

In un numero di Sandman tra i più famosi, intitolato Ramadan, il califfo di Baghdad Harun Al Rashid propose un patto a Morfeo, Re dei sogni: gli avrebbe ceduto la sua meravigliosa città, la più splendente e bella del mondo, purché fosse durata in eterno. Morfeo accettò. Al risveglio il sultano si ritrovò in una città che di splendente non aveva più nulla; sulla via del palazzo trovò un mercante (Morfeo) con una città in bottiglia e Harun si innamorò di essa. Chiese il prezzo ma il mercante gli disse che non era in vendita. La storia a questo punto si interrompe bruscamente e ci riporta in una Baghdad moderna, dilaniata dalle bombe e dalle macerie, con un ragazzino che chiede al vecchio che gli stava raccontando la storia come avesse funzionato il patto. Il vecchio non rispose. E' implicito che narrando il mito più e più volte questa città sia entrata nel mito anche se mai esistita, come questa storia, presa da un fumetto.
Questa storia la si può estendere anche a Cuba, direi, patria di scrittori, spiagge, tramonti e musica. Che non esiste e chissà se è mai esistita.