Dom Cobb 8 / 10 26/06/2018 17:48:29 » Rispondi Il principe di Bagdad viene tradito e imprigionato dal suo infido gran visir Jaffar; il baldo giovine riesce a fuggire grazie all'aiuto del ladruncolo di strada Abu, e insieme i due dovranno affrontare mille e più avventure per sconfiggere Jaffar e conquistare l'amore di una bella principessa... Già il titolo di per sé è diventato un'icona del cinema d'avventura, familiare anche per chi del film non conosce nemmeno l'esistenza; e il lungometraggio, che prende la versione muta di quindici anni prima interpretata dal divo Douglas Fairbanks Sr. e la riadatta alle possibilità e tecnologie del tempo, si conferma uno dei casi più felici di contaminazioni della tradizione fantastica e folkloristica orientale. Fin dall'inizio lo spettatore viene catapultato, senza alcun avvertimento, in un mondo lontano, fiabesco e spettacolare, in cui coesistono ogni genere di creatura immaginabile, perfidi stregoni, ladri furbi, donzelle in pericolo e principi innamorati, tutti i classici stilemi della narrativa indiana che ha fatto fortuna nella raccolta celeberrima de "Le mille e una notte" da cui questo "Il ladro di Bagdad" trae ispirazione. E il modo in cui questo mondo viene portato in vita, tramite l'uso di effetti speciali all'avanguardia e che ancora oggi fanno la loro bella figura, è l'aspetto più riuscito del film.
Numerose le immagini memorabili, dal gigantesco genio che esce dalla bottiglia all'incursione al tempio con tanto di guardiani e ragno gigante, fino ai numerosi e stravaganti "regali" di Jaffar, come la "Dama d'argento" dalle molte braccia. Va inoltre notato che questo è il primo film a fare un uso estensivo dell'allora pionieristica tecnica dello schermo blu (blue screen) per superimporre due o più immagini in una, una tecnica oggi diventata di uso standard.
Alla resa generale, cui contribuiscono le eleganti e accurate scenografie, contribuisce anche uno sgargiante Technicolor, accesso e vivace, caratteristico di quei tempi dove il colore rappresentava l'eccezione anziché la regola, come sarebbe diventato invece in seguito; e le numerose scene d'azione che condiscono il tutto rendono il ritmo agile e scattante, facendo trascorrere l'ora e mezza e passa senza alcuna difficoltà. Deludono invece in parte le musiche di Miklos Ròsza, dalle tonalità forti ed imponenti ma un po' anonime. Certo, a livello narrativo non siamo proprio a massimi livelli di qualità, e il primo atto in particolare fatica a decollare a causa di alcune scelte narrative che ho trovato un po' bizzarre e fuori luogo.
Incontriamo infatti all'inizio il principe accecato e ridotto a un mendicante, con Abu tramutato in cane, ed egli comincia a raccontare come siamo arrivati a questo punto con un excursus che, tuttavia, dura appena venti minuti o giù di lì. Cosa gli sarebbe costato ai registi di raccontare la storia in modo lineare, o se proprio non andava, rendere la narrazione un po' meno complessa in modo da far funzionare una struttura più lineare?
Inoltre, il fatto che numerosi eventi e nomi siano stati in seguito, per dirla con un eufemismo, presi in prestito per un ben più famoso film d'animazione disneyano di cui al momento non rammento il nome, rischia di distrarre. Ma per fortuna gli attori funzionano tutti e la loro prestazione aiuta a chiudere un occhio su certe piccolezze; fra il cast si fanno notare l'aitante attore indiano Sabu, divenuto una specie di presenza fissa nelle produzioni di quel periodo di Alexander Korda (che figura come produttore ma ha diretto in parte da dietro le quinte insieme al fratello Zoltan e all'ex-scenografo William Cameron Menzies), e Conrad Veidt nel ruolo del perfido Jaffar, magnetico e sinistro, ulteriormente elevato dall'eccellente doppiaggio di Emilio Cigoli. L'impianto spettacolare, l'efficacia degli effetti speciali che evocano un senso di avventura semplice e genuino e le prestazioni del cast aiutano a sorvolare sui problemi di trama e rendono "Il ladro di Bagdad" una piccola perla del suo genere, che forse in più dovrebbero conoscere.