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MARIA ANTONIETTA regia di Sofia Coppola

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  02/12/2006 22:51:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"E se il film non fosse altro che la trasposizione delle storie del punk in chiave paramnestica?" (cfr. Giona A. Nazzaro su "Rumore" di Dicembre)

La prima cosa stupefacente di questo film è che non esiste un vero INIZIO nè una vera FINE: tutto è implosivo della capacità della Coppola di raccontare una nuova Lost in translation dall'Austria alla Francia di Re Luigi VI.
La verità defluisce nell'intermittente corrispondenza della madre (un'irriconoscibile Marianne Faithfull), e delle conseguenze umorali sulla figlia a poco a poco che smonta tutta la sconcertante beatitudine nel crogiolarsi davanti all'altare dell'amore prima che della sovranità.
Lei abbraccia tutti, è insospettabilmente (per un'austriaca?) solare, quasi si dispera perchè le tolgono (temporaneamente) il cane, è riconoscente e nondimeno seducente.
Sembra un monolite che appartiene a una razza estinta, o si trova di fronte a una responsabilità che non sa comprendere, via di mezzo tra Lady D. e il bambino sperduto e stranito delle prime immagini dell'"ultimo imperatore" di Bertolucci.

Non esiste pero' egemonia di sessi, come non esiste LA STORIA, esiste UNA STORIA e Sofia Coppola la inventa con un gusto dissacrante che celebra il martirio - l'aplomb definitivo - dell'ortodossia "pura".

Nella mise in scene della storia secondo Sofia, convivono giovalmente arie Mozartiane e echi protopunk, dialoghi sfacciati di contemporanea way of life e ingessati riti di corte (il rituale della vestizione per esempio), barocchismi e caricature trattate registicamente come fossero la rappresentazione piu' naturale e consueta del mondo.

Si sa dalla storia quella (forse) vera, che Louis era un ometto, ma qui ne fa una parodia, sdoganandolo solo verso la fine.

Si conoscono i costumi discinti di madame Dubarry (al cinema in un vecchio film con Martine Carol, fra l'altro) ma è sconcertante vederla ridotta alla coatta e volgare caricatura di un'Asia Argento che sembra divertirsi un sacco a fare la Courtney Love della Francia pre-rivoluzione francese, pero' noi spettatori molto molto meno.

E c'è comunque molto altro, perchè è facile definire il film come la celebrazione di un Mito mancato pensando a lady d. (stessa idiosincrasia alle regole di palazzo, e stessa stilosità) o magari alla fama e al declino improvviso di una qualsiasi rockstar.

Se il modello dichiarato era Ken Russell, è giusto saperlo in tempo, onde evitare delusioni, e invece il film è sì irritante ma splendido, sarei tentato di dire "seminale" se non fosse che non aiuta certo a disconoscere la credibilità del personaggio e soprattutto enfatizza proprio con la sua empatica simpatia la sua "storica" ambiguità.

Per la Coppola il "gioco" è valso uno sforzo produttivo enorme, e anni di riprese, per cui l'incantesimo è incentivato proprio dall'azzardo di costruire cinema sposando dissacrazione pura alla lucida (e altrettanto coraggiosa) metaforizzazione dell'evento: se lo prendiamo sul serio, non si puo' provare altro che commozione davanti alle lacrime di Marie, alla perdita della madre, alla dolorosa veglia dal Re prima della scomparsa, a quegli occhi che osservano la fedeltà al marito (o ai princìpi del suo Regno?) e non sfuggono spaventati dall'eventualità di una rinuncia, o - peggio ancora - di una drammatica fine.
E ci sembra di ritornare ai tabloix con cui Rohmer raffigurava la storia, concessione classicista e anticlassista al tempo stesso alla storia tradizionalmente intesa, nello splendido "la nobildonna e il Duca".

Altrimenti si conceda pure alla Coppola la licenza di sposare Luhmann a Ken Russell, e magari al compianto Derek Jarman.

In realtà la Coppola conosce benissimo le traiettorie per incuriosire o anche affascinare il pubblico, tra quei dialoghi un po' smaccati (già ti immagini la reazione dello spettatore tradito dell'incoerenza della modernità nel cogliere in quella storia una sorta di involontaria modernità anche linguistica). nelle recite e nei balli in maschera dove l'inconguenza della voce di Siouxie canta di ristoranti cinesi come fossimo davanti a uno strano dark (rave) party... o nell'astuzia con cui gioca le sue carte nei colori pastello di Versailles o nelle tavole blandamente arricchite di ogni primizia gastronomica a rappresentare (ancora una volta con inconsueta ambiguità) l'abbienza e il rito consumistico della nobiltà francese...

E' comprensibile, in fondo, che il film susciti reazioni contrastanti. e lo stesso si è verificato a Cannes: del resto è illecito riabilitare la storia al servizio di se stessi, soprattutto nei confronti dei suscettibili francesi

All'apparenza il film dice una serie infinita di cose sulla figura di Marie Antoinette, che è una figura-pretesto (metafora sarebbe eccessivo) della Coppola per raccontare
A) L'accettazione gioiosa di una nuova vita anche a dispetto delle amarezze
B) La rottura dagli schemi prefissi e l'amore per la natura spesso repressa dalle convenzioni del bon-ton (cfr. come queen elizabeth del film recente di Frears davanti al destino crudele riservato a un'animale)
C) La spettacolarizzazione di una Popstar d'altri tempi come emblema di funzione, fruizione e sfruttamento sociale
D) L'antitesi delle convenzioni che prende parte allegramente alla vita di corte senza preoccuparsi di superare il dissenso sociale che ella stessa vorrebbe rappresentare
E) La scelta di una deludente storia sentimentale come sacrificio emblematico (conformista o volontario?) imposto per il bene del popolo (l'attesa prole frutto di coercizione esterna)

Questa Regina che rifiuta il monolitismo e ama la natura e la libertà impone acute riflessioni, se non altro perchè è l'alibi possibilista della Coppola a incentivarle.

La stessa che viene improvvisamente attaccata dal popolo per i suoi sperperi e appare alla finestra neanche fosse Evita Peron evita di smascherarsi e continua a infondere gratitudine per la sua volontà di resistenza.

A un primo tempo quasi cronologico e invadente, forse un po' troppo rigido anche nel suo evidente anticonformismo, la Coppola lascia pervadere una sorta di riscatto introspettivo, teso a parteggiare e riablitare il personaggio.

Gli esterni sono incredibili, le sequenze di caccia infondono, come del resto tutto il film, una solarità che stride con i drammatici eventi che riguardano la storia o anche con la grottesca rievocazione post.moderna della stessa

Resta da esprimere il dubbio per il quale ho citato la critica di Nazzaro espressa pochi giorni fa: c'è un'atemporalità che conquista, perchè non sembra avere alcuna identità: nè la trasparenza del ruolo sociale, nè tantomeno l'anarchia interiore di questa donna vera, realmente esistita o anche solo immaginata (com'è in questo film)

Non è questione di musiche (Cure Joy Division A. Twin Gang of four), del logo à la Sex Pistols improntato nel titolo, ma di affinità e divergenze con quello che siamo e che che vorremmo essere (cfr. Lola Montes, ancora Martine Carol)

In questo senso è un film "punk", con la volontà di abbattere mondi sommersi e ortodossie didattiche
gerardo  05/12/2006 17:10:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"...non esiste LA STORIA, esiste UNA STORIA e Sofia Coppola la inventa con un gusto dissacrante che celebra il martirio - l'aplomb definitivo - dell'ortodossia "pura". "
Eccellente. Questo periodo dice già tutto del film.
Andre85  04/12/2006 00:48:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
analisi eccellente...perchè non la fai mettere come recensione?
gerardo  05/12/2006 17:09:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sì, "meriterebbe" l'onore della recensione. Appello a Lot...
Gruppo STAFF, Moderatore Invia una mail all'autore del commento Lot  05/12/2006 18:23:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
per me va bene, kow, che ne dici?

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER
Chtorrian  03/12/2006 10:21:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nulla da eccepire, anzi, complimenti per l'analisi: sei quasi riuscito a farmi cambiare idea sul mio giudizo espresso in precedenza.

Permettetemi però di rispondere parafrasando una delle recensioni più famose della storia del cinema:
"Per me... Maria Antonietta... è una boiata pazzesca!!! (seguirono 90 minuti di applausi...)" :):)
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  03/12/2006 13:54:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Oggi al cinema ho bisogno di qualcosa di diverso, di qualcosa che spiazza, che travalichi i confini, e ho trovato gustoso un film che si prende gioco della storia, ma che al tempo stesso è immerso nella storia piu' della storia stessa... uh che confusione... del resto detesto i saccenti accademici e la Coppola sa enfatizzarli con ironia Insomma, per me è un film "diverso", come Lost in translation era una storia d'amore inusuale e anticonvenzionale... poi è giusto che chi non ama questo cinema rimanga fedele alle proprie posizioni
HATEBREEDER  04/12/2006 13:59:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Anticonvenzionale = bello: non sempre è vero.
Anche perchè se credi in questa equazione diventi un tipo convenzionale.
shineonthepiper  02/12/2006 23:32:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi inchino!
CappellaioMatto  09/12/2006 16:11:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Scusate, ma qui c'è qualcosa che non va. I gusti sono gusti, ma c'è pur sempre un limite alla variabilità sensitoria dei diversi palati!
La tua recensione, come il film della Coppola, è piena di volute barocche (o peggio, di "involute" rococò). La tua interpretazione mi sembra forzata e il film sta dentro alla tua analisi come un elefante in una cinquecento. Non ho capito perché lo consideri un buon film, a dispetto della tua colta e raffinita disamina che, con tutto il suo florilegio di citazioni e riferimenti, non ha detto praticamente nulla circa il valore artistico del film. A mio parere, tutte le belle intenzioni che hai descritto non sono affatto riflesse nel film, che riesce ad essere solo un vuoto esercizio di ortodosse eterodossie.
Buon thè a tutti!
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  11/12/2006 00:47:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Vi ringrazio per la rece, ma ormai ho fatto un "commento" (ehm) e va bene lasciarlo tale (del resto, ho delle recensioni in sospeso e altre ne devo fare)

Riguardo CappellaioMatto: i gusti sono gusti, appunti, probabilmente per gli stessi motivi che ho trovato il film delizioso altri lo detestano. Pero' mi sembra di aver spiegato il motivo per cui mi è piaciuto questo film, che tratta l'ortodossia di un referente un genere cinematografico come un'operazione post-moderna. L'intelligenza di mettere in discussione l'estetica anche citandola a dismisura mi pare sia di pochi.
Secondo me la Coppola è una cineasta intelligente. punto.
Poi è chiaro che in fatto di operazioni fuori-contesto o eccentriche preferisco autori come Greenaway, Tsukamoto, Lynch.
E poi, scusami, proprio la particolarità di un mondo che M.A. non approva ("ma è assurdo tutto questo. Risposta: "no, è Versailles") dovrebbe farti capire che il film mette in risalto ben altra cosa rispetto all'esercizio di "ortodossie eterodossie" (? a proposito di barocchismo, neanche tu scherzi eh?) come dici tu
gerardo  11/12/2006 15:53:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
paradossi ortodossi...