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ENTR'ACTE regia di René Clair

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amterme63     8½ / 10  26/08/2007 18:35:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Le avanguardie artistiche degli anni 20 non potevano fare a meno di dire la loro anche nel campo cinematografico. Una delle prime opere create è questo cortometraggio inserito nei due atti di un balletto (da qui il nome). Lo sceneggiatore è Picabia, uno dei massimi esponenti del Dada parigino. L’ideale artistico di questa corrente era quello di smitizzare qualunque cosa, anche l’oggetto artistico stesso. Una specie di tabula rasa, presa però con spirito goliardico e provocatorio.
Le musiche vennero affidate ad un altro artista, famoso per avere tolto pomposità e serietà alla musica: Erik Satie (autore di un pezzo chiamato “Embrioni disseccati”, ma anche della bellissima “Gymnopedie”).
I due appaiono insieme in una specie di prologo programmatico. Entrano in scena al ralenti con buffi balzi clowneschi. Si mettono dietro un cannone, lo caricano e lo puntano verso lo spettatore. L’effetto dello sparo è però molto scherzoso. E’ chiaro l’intento dell’opera: provocare, dissacrare e divertire. Si tiene anche conto del contesto in cui viene proiettato il corto. Infatti è un implicito omaggio formale alla danza, non solo con la ripresa continua di una ballerina da ogni punto di vista (compreso quello da sotto i suoi piedi verso le mutandine), ma anche dando al film un ritmo, nel passaggio delle immagini, simile ad una danza (grande merito di Clair).
In se e per se l’opera non ha alcun significato formale. Si apre con immagini in diagonale, poi con un piccolo spettacolo di burattini, segue una serie di belle immagini in sovraimpressione (un mare con facce rovesciate, una città caotica con due guantoni da pugile), appare quindi una partita di scacchi sui tetti di Parigi interrotta da scrosci d’acqua. La seconda parte sembra avere una tenue trama. Un ragazzo vestito all’antica su di un cornicione cerca di sparare ad una specie di uovo che galleggia su un getto d’acqua, come se fosse al luna park. Ne esce un piccione (lo scherzo) che si posa sul giovane. Lui però viene preso di mira da un borghese con un fucile che gli spara addosso (la serietà). Cade dal cornicione.
Inizia quindi la splendida scena del funerale, una presa in giro delle cerimonie di qualunque genere. La bara è trainata da un cammello ed è ricoperta da prosciutti e da megaciambelle. La gente segue il “feretro” saltellando comicamente al ralenti. La bara carrozza fa presto ad andare velocissima per conto suo, paragonata alle montagne russe del luna park, e alla fine va a schiantarsi in un prato. Ed ecco magia dell’arte. Il morto non era morto, ma da bravo prestigiatore fa sparire tutte le persone, se stesso e anche il film. Ciliegina: anche il cartellone con “fine” sopra viene preso in giro e dissacrato.
Lo scopo di Picabia/Satie/Clair è stato pienamente raggiunto: dissacrare e divertire. Ho visto questo pezzo con molto interesse e non mi ha per nulla annoiato. Conserva intatto il suo fascino anche dopo 80 e passa anni.