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INLAND EMPIRE regia di David Lynch

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Invia una mail all'autore del commento Caio     10 / 10  14/02/2007 03:55:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
David Lynch sta al cinema come Michelangelo sta alla Cappella Sistina: entrambi costretti ad esprimersi con un linguaggio che non gli appartiene, che sentono inadatto a spiegare il mondo. Eppure la loro opera, per quanto sofferta, agitata e tumultuosa, ha in sè tutta la carnalità dell'esistenza. Inland Empire, prima di essere la storia, o le storie di tutti voi, è un elogio (o forse un inno di disprezzo?) al cinema. Il cinema come un baraccone da circo, un trucchetto per prestigiatori; ma anche luogo dove si riflette il mostro che è in noi. Lynch fa il suo spietato gioco con lo spettatore, utilizzando le armi del mestiere con una tale classe da ipnotizzare lo spettatore, al punto che egli ha solo la vaga sensazione che il film sta scavando a fondo. Lynch gioca, destruttura gli elementi che compongono la narrazione filmica in singoli frammenti: il suono, le atmosfere, i dialoghi, le inquadrature , e le mischia insieme ,come farebbe un esperto regista. Con un approccio quasi minimalista ai meccanismi cinematografici, Linch invade la mente dello spettatore con le suggestioni risolutive del thriller hitchockiano (in un momento si vede un frigorifero sopra a un grande orologio in un'atmosfera di suspence: la suspence è attesa e brivido...orologio e frigorifero), con i momenti idilliaci del melodramma, con i dialoghi sporchi e violenti del pulp, con l'illusione melanconica del musical, con le presenze sinistre dell'horror made in japan (pensate alla sequenza terrificante della donna che si avvicina per abbracciarvi!), con le inquadrature in primo piano del western (il dialogo con la vecchia vicina di casa: due tazze di caffe servite come due revolver!). Linch decompone i singoli frammenti e li combina insieme, provocando effetti di straniamento che invadono lo spettatore, giocando con le contraddizioni delle sue certezze e delle sue emozioni di fronte alle immagini. Già solo per questo Iland Empire si situa al di fuori di ogni forma di categorizzazione, compresa quella che lo vuole come narrazione priva di senso: come in gioco di scatole cinesi, infatti, vi sono tante piccole narrazioni, ognuna delle quali incompleta e parte di un più grande disegno che attraverso la protagonista arriva fino allo spettatore, il quale proietta nel film la propria stessa vita. Ed è qui la grandezza di quest'opera: nella sua capacità di diventare reale nel momento stesso in cui si offre a noi, come se ciò che si vede stesse accadendo in quel preciso momento, o è accaduta, o ancora è uno dei tuoi inevitabili futuri. Lo schermo del cinema diventa così, come vuole Inland Empire, un semplice pezzo di stoffa in cui è possibile vedere "attraverso": guardarsi dentro, almeno un pò. Vi sono il miracolo e l'orrore che convivono insieme nella mente umana, come l'omicidio e la nascita, l'ipocrisia e l'altruismo, l'amore e l'odio, le scelte e l'inevitabile. E' come uno di quei sogni da cui non ci si risveglia mai del tutto, e che lasciano indelebile la loro sensazione per tutta la vita: uno di quei sogni che oscillano sempre tra incubo e idillio, che sono al di fuori di ogni temporalità, eterni e fugaci nello stesso tempo. Uno di quei sogni che lentamente si dissolvono, come il ricordo del film, lasciando solamente la sensazione di quel "qualcosa" che ci ha turbato, e che forse non dimenticheremo mai.
Invia una mail all'autore del commento angel__  14/02/2007 14:17:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
bravo
Invia una mail all'autore del commento Caio  14/02/2007 14:17:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie
Invia una mail all'autore del commento Caio  14/02/2007 17:38:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Infinito è il numero di citazioni cinematografiche, letterarie, scientifiche e psicologiche che il film porta con sè: da Freud alla metafisica, da Pirandello a Dickens (canto di natale di Dickens), dall'espressionismo a Kubrick (c'è qualcosa di Shining e di 2001 odissea nello spazio sicuramente), Fritz Lang...più che citazione è forse più giusto parlare di espressione semiotica, della messa in scena "pura" dei meccanismi attraverso cui si costruiscono le emozioni umane, dalla paura alla commozione. Si ha spesso paura durante il film, e non si sa di cosa (perchè la suspence, come ci insegna Hitchcock, è una sospensione in attesa di una risoluzione, qualunque essa sia). E ci si commuove anche, e non si sa bene il perchè. Davvero impressionante questa capacità di Lynch di padroneggiare il cinema, l'ho capito solamente ora.
erman_namre  14/02/2007 09:51:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Conconrdo pienamante: "Uno di quei sogni che lentamente si dissolvono, come il ricordo del film, lasciando solamente la sensazione di quel "qualcosa""... In effetti ci sono delle immagini che si radicano nella mente..immagini alle quali si dà un percorso personale, non le si collocano all'interno del film, ma all'interno del nostro più recondito immaginario!
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  14/02/2007 10:31:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Concordo pienamente sull'"elogio o forse inno di disprezzo? al cinema" - tutti ce lo chiediamo in fondo
Invia una mail all'autore del commento Tempesta  14/02/2007 06:16:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Giustissimo ! non si può dimenticare quel qualcosa che ci ha turbato .