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SUO FRATELLO regia di Patrice Chéreau

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amterme63     8½ / 10  07/01/2011 00:08:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Veramente bello questo film. Mi ha colpito molto. Occorre subito dire che non è un'opera di intrattenimento. Lo scopo è quello di rappresentare in maniera per lo più oggettiva e concreta lo stato fisico e psicologico di chi si trova a fronteggiare una malattia incurabile. E' evitata qualunque retorica e sentimentalismo. L'accento è sulla cruda trafila quotidiana, sugli aspetti più prosaici e più prostranti (i continui esami, le cure debilitanti, la situazione che non migliora, le illusioni, le incertezze, le operazioni chirurgiche, il decadere del proprio corpo e della propria vita, il disfacimento progressivo, il destino già segnato, la decisione finale). Lo stile segue quindi la logica della descrizione del banale, del fattuale e concede veramente poco al dialogo, alla riflessione, allo scambio emotivo. Non si perseguono fili logici, si salta in avanti e indietro nel tempo, si spezzetta di continuo il flusso visivo, ciò che viene mostrato non segue linee emotive o esplicative. Il succedersi insensato, scomposto, lento e "noioso" del reale non viene coraggiosamente filtrato.
Si comprende bene che uno spettatore abituato all'ordinario filmico può facilmente stancarsi e non ricavare nulla dalla visione. Tra l'altro le situazioni sono decisamente disturbanti. Sono esperienze che veramente desideremmo tantissimo poter evitare. Eppure la realtà è questa. (Ci) è capitato, capita, capiterà. Per questo il film assume alla fine un aspetto devastante e dirompente. Ci si sente con le spalle al muro durante la visione, con una stretta dentro. Che faremmo noi in quella situazione? Che dolore immenso può provare un essere umano, che immane coraggio ci vuole qualche volta per vivere o continuare a vivere.
Partecipare è quasi inevitabile perché il regista ci sbatte tutto in faccia. Seguendo lo stile neorealista dardenniano, la mdp non si stacca un secondo dai personaggi, gli insegue frenetica, li inquadra preferibilmente in primo o primissimo piano, non si perde niente dei dettagli più banali o scabrosi, anzi sono loro i veri protagonisti. Le faccie sono perennemente non rasate e segnate dalla vita, i corpi sono mostrati spesso nudi o impietosamente nel loro disfacimento. E' un realismo fisico e corporale quello di Chereau in questo film.
Se c'è un difetto o qualcosa che non va, secondo me, è nel fatto che la parte psicologica, intracorporale dei personaggi è lasciata un po' troppo sullo sfondo, alla mercé dell'intuizione di chi assiste. Sappiamo troppo poco dei genitori e della fidanzata di Thomas per poterli giudicare. Fatto sta che i due fratelli Luc e Thomas si trovano soli l'uno con l'altro. Eppure anche la storia del loro rapporto è appena accennata. Si basa tutta su deduzioni da ciò che viene mostrato, piuttosto che su ciò che viene detto. Si intuisce che il loro rapporto è qualcosa di molto di più di una semplice parentela fra fratelli e per questo è segnato da screzi, ripicche, rimproveri, silenzi, comprensioni sotterranee e istintuali.
Chereau non concede quasi niente al pathos sentimentale. Solo una volta Thomas cerca la mano di Luc e la stringe forte. Altre volte sono le lacrime di Thomas che escono in silenzio senza che si voglia. Il resto lo fa l'immagine impietosa di un corpo che soffre, di una faccia profondamente segnata o dalla malattia, oppure dal disagio di trovarcisi di fronte, oppure dall'indifferenza del mestiere, oppure dal dispiacere di perdere la persona più importante della propria vita.
Marco Iafrate  07/01/2011 18:00:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ti dirò una cosa Luca, paradossalmente (o forse no) la forza ed il coraggio di vedere film che trattano temi così forti e temuti si ha di più quando queste situazioni si stanno vivendo, l'ho passato con mio padre prima e con mia madre poi, ci sei dentro e trovi anche conforto da certe visioni. Quando invece si vivono periodi di serenità è più faticoso essere partecipativi emotivamente, a me succede così.
Il commento è magistrale, mi ha fatto tornare in mente un passaggio di "Anna Karenina" devastante nella sua bellezza:
"L'infermo giaceva con gli occhi chiusi e la sua fronte si corrugava come quella di una persona la cui mente è tesa nello sforzo del pensiero, Levin cercava di seguire le fasi di quel pensiero, di immedesimarsi quasi col fratello, ma dall'espressione grave e calma di quel volto, dal gioco di un muscolo sulla fronte, presso un sopracciglio, intuiva che il moribondo andava penetrando sempre più qualcosa che per lui, vivo, rimaneva oscuro".
amterme63  08/01/2011 00:08:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' proprio così Marco. Durante la visione del film stavo male. Ci si sente indifesi. Nel reale, sì, in situazioni del genere ci si fa coraggio, si chiamano a raccolta tutte le forze e si affronta tutto quasi senza pensarci. E' dopo, o ripensandoci di riflesso, che scoppia tutto il dolore. Quello che è capitato a mia madre non me lo dimenticherò mai ed è forse l'unico incubo che ho avuto fino ad adesso nella mia vita.
Anche adesso ho un po' di allergia per gli ambienti ospedalieri e prego continuamente di non avere mai occasione di metterci piede.
Tolstoi ha espresso questo incubo in "La morte di Ivan Ilic". L'ho letto recentemente e mi ha colpito tale e quale come questo film.
Come "Sussurri e grida" è un'esperienza che rimane molto impressa dentro.