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BABEL regia di Alejandro Gonzalez Inarritu

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danyx78     8 / 10  30/03/2007 19:04:03Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bello, molto triste... molto, molto triste.
A me ha ricordato per certi versi un altro bellissimo film della scorsa stagione: Crash. Lo stato d'animo al termine è simile. Si rimane sconcertati dalla potenza emozionale delle storie raccontate....
Quale è la storia di Babel? Il titolo è in questo caso d'aiuto, si parla di comunicazione, di non comunicazione, di incomunicabilità.
Abbiamo in ogni location diversi livelli di analisi.
In Marocco, una difficoltà oggettiva di chi statunitense parla inglese e chi maroccchino, parla l'arabo. Una difficoltà di capirsi e di capire il contesto, un mondo così diverso da quel che si è soliti vivere nel proprio paese,una difficoltà esasperata da chi in questo momento della nostra umanità vive il prossimo più che come una risorsa amica, come un temibile nemico. E poi la difficoltà di capirsi anche con chi divide la nostra vita, come nel caso di brad pitt e cate blanchett che allontanatisi per via di un lutto stentano a riavvicinarsi nonostante l'amore, oppure all'interno della famiglia marocchina, un padre che non capisce come possano i figli aver fatto ciò che han fatto, lontani anni luce da quella educazione che lui credeva di avere impartito. La potenza di una comunicazione non verbale come la vecchia signora che riesce ad essere così vicina alla donna americana, senza che possano neanche scambiarsi due parole.
In Messico, due mondi opposti quello della badante messicana e quello dei due bambini. Il colorito, il bruno, la giovialità anche eccessiva di una matrimonio latino, riti e usanze lontane dal mondo chiaro, pulito, lindo di due biondissimi e chiarissimi bimbi abitutati al lusso e alla bella vita di porzione di Stati Uniti che non comprende la stragrande maggioranza dei suo abitanti. La non comunicazione di chi, forte del proprio distintivo, del proprio ruolo di difensiore della giustizia come i poliziotti di frontiera, non accetta spiegazioni e interpellanze di chi questo ruolo non lo ha, di chi ha una prospettiva di vita così diversa dalla propria. Triste metafora del mondo di intendere la giustizia negli Stati Uniti. La difficoltà di comunicazione di chi nonostante uan vita intera passata oltre la frontiera non riesce più a capire il proprio mondo nè quello in cui ora vive. La difficoltà di comunicazione e la carenza di fiducia di chi memore di tante umiliazioni non accetta più il confronto come succede al nipote messicano della badante.
In Giappone, dove la comunicazione avviene senza parole. La comunicazione non verbale di una ragazza che oltre al proprio handicap uditivo vive con difficoltà l'interazione con i giovani ragazzi della sua età. La paura di non essere accettati, la rassegnazione ad essere visti come diversi. La voglia di essere così dannatamente normali e di far passare questo messaggio. Il non poter trasmettere ciò che si vuole e doversi accontentare di chi, può parlare per noi. La difficoltà di un padre ancora sconvolto dal suicidio della moglie che non sa più come prendere la figlia. Un giovane poliziotto troppo preso dalla sua giovane carriera per capire il bisogno di attenzioni di una ragazza alle prese con tutti i problemi della sua adolescenze più quelli dovuti alla sua salute.
Una deficienza di comunicazione che aprendo un po' di più gli occhi possiamo notare in questa nostra società.
Bel film, veramente un gran bel film.