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ZERO IN CONDOTTA regia di Jean Vigo

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Marco Iafrate     8 / 10  01/02/2008 22:47:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Per comprendere meglio il significato delle opere di questo straordinario poeta delle immagini e soprattutto del suo penultimo lavoro "Zero in condotta", è necessario un breve cenno biografico del regista francese; Jean Vigo nasce nel 1905, figlio di Eugéne noto anarchico, durante la prima guerra mondiale questi viene imprigionato con l'accusa di alto tradimento, chiuso in una cella viene trovato morto pochi giorni dopo; questa disgrazia apre le porte del collegio per Jean che ne assorbe l'atmosfera soffocante e ne plasma una natura nichilista e libertaria; costretto a crescere in segregazione, sotto regole imposte dalla caparbia autorità degli adulti, nell'animo del giovane iniziano a prendere forma quelle che costituiranno le fondamenta del suo cinema, la lirica e la grande potenza delle immagini.
Con una connotazione quindi palesemente autobiografica "zero in condotta" esce nel 1933 ma rimane confinato dalla censura fino al dopoguerra, nel film la descrizione dell'infanzia si presenta in modo tutt'altro che lineare e comprensibile, bensì sotto forma di immagini sconnesse, alterate, violente, è quello che il giovane Jean ha vissuto sulla propria pelle. Completamente privo di logica narrativa, il film si srotola attraverso un mosaico di immagini dove domina il senso di libertà infantile, che prevale, in modo insurrezionale, su quello autoritario degli adulti che sono rappresentati da personaggi con sembianze completamente diverse tra loro, quasi a voler, allegoricamente, simboleggiare esseri deformi come guardiani dell'infanzia. Abbiamo quindi un direttore nano con una barba spropositata, un sorvegliante alto e secco decisamente poco savio, un professore grasso che in una sequenza fa intravedere un cenno di avance nei confronti di uno dei bambini della classe (la mano del professore che accarezza un pò troppo lascivamente quella dell'alunno), un ricordo poco piacevole del regista?.
A contrasto con le consuete rigide regole dei collegi, in "zero in condotta" si assiste a continue dimostrazioni di totale anarchia, si fuma nei bagni, non si rispetta l'orario che impone il dormitorio, in classe si tira di tutto, per arrivare al refettorio dove avviene una vera e propria rivolta contro la famigerata pasta e fagioli con lancio di pane, piatti ecc. Il commovente finale è una corsa al rallentatore sotto una bianca nevicata di piume d'oca di cuscini, una danza sui tetti che sottintende metaforicamente la conquista del cielo, il vero senso di libertà, è il cuore pulsante del film, l'infanzia negata che si ribella, la libertà creativa propria del mondo dei piccoli che non accetta l'imposizione delle regole dei grandi.
La prematura scomparsa non ha permesso a Jean Vigo di poter guardare l'esigenza di libertà del bambino dal punto di vista dell'adulto, la malattia lo ha costretto a concentrare una creatività straordinaria in poche pellicole, di una delle quali "L'Atalante", l'unico lungometraggio, non riuscì neanche a terminarne il montaggio, la morte, a soli 29 anni, lo aspettava.