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ZERO IN CONDOTTA regia di Jean Vigo

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7 / 10  26/02/2007 13:44:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi ha sconcertato: ho comprato due dvd di Vigo cercando di comprendere la sua fama, visto che molti lo giudicano uno dei più innovativi registi di cinema di tutti i tempi.
Vedere "Zero in condotta" significa predisporsi con molta indulgenza nei riguardi delle avanguardie, del surrealismo, della ricerca espressiva tra estetica e realismo.
L'unica cosa che posso dire con assoluta certezza di questo film sarcastico e irriverente, è che prevale un fortissimo ascendente anarchico, probabilmente ereditato da Vigo dal padre fortemente oppositore del sistema e delle Istituzioni.
Girato con una rivalutazione sperimentale tipica del cinema Muto (con i soggetti in movimento perenne contrastati dall'uso statico della mdp) il film è disarmante perché non abbastanza realista per lo spettatore tradizionale e non sufficientemente all'"avanguardia" per farsi amare incondizionatamente dagli intellettuali di cinema.
Forse il suo prestigio è dovuto anche a questo: si nota la lezione dei Lumiere, soprattutto nelle prime sequenze (quella del treno a vapore), e forse Tod Browning (il buffo e dispotico rettore dell'Istituto interpretato da un nano) ma c'è qualcosa di assolutamente nuovo nel modo di appropriarsi del soggetto senza le tecniche tradizionali, con una stilosità del tutto inconsueta (non aspettatevi di vedere il classico topoi sugli abusi nei collegi non è questo).
Vigo beffeggia con soprannomi e disegni (che si rianimano a loro volta, come un cartoon surrealista) i volti di quel Potere che alla fine perde sopraffatto dalla loro stessa condizione di rigore e austerità.
Memorabili, sì, le sequenze della battaglia dei cuscini o la rivolta contro "la pasta e fagioli", ma i momenti davvero riusciti sono ben altri: lo scambio di una cioccolata, le piume, i diametri vorticosi di corpi che chiedono semplicemente "la libertà".

Oggi non saprei dire se questo film possa considerarsi un capolavoro: è certo un bel guazzabuglio ideologico, un po' eccentrico e alfine pretenzioso soprattutto quando - nelle intenzioni di allontanarsi dal realismo della storia - sfiora la metafora e il gusto dell'assurdo.

Sicuramente un film per pochi eletti, fin troppo all'avanguardia per poter emettere un giudizio obiettivo.

Ma a suo favore una cosa va detta: è cinema che provoca, che irrita, che spiazza, che confonde: e allora prevale la nostalgia sì, per autori come Vigo, rispetto al conformismo generale che si respira oggi davanti a quell'invenzione straordinaria che è (che fu?) il cinema