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L'IMPICCAGIONE regia di Nagisa Oshima

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Tumassa84     8 / 10  10/06/2011 04:07:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Oshima Nagisa non è un autore che amo particolarmente, ma "L'impiccagione" mi ha convinto: tra grottesco, surreale e lirismo, il regista confeziona un grido contro la pena di morte che, pur tra alti e bassi, è di quelli che sicuramente val la pena di vedere. Oshima inizia con una polemica lanciata al popolo giapponese, per la gran parte (ancora oggi) favorevole alla pena di morte. Egli sfida l'opinione pubblica a vedere cosa veramente è la pena di morte e le sue modalità, che in Giappone in particolare sono decisamente barbare e crudeli (e invariate dal 1968, anno del film). Dopo che viene mostrato meticolosamente e realisticamente come avvengono le esecuzioni, accade un avvenimento assurdo: il condannato R, dopo che è stato impiccato, vede morire la sua anima ma non il suo corpo, che si rifiuta di lasciare questo mondo. Da qui ha inizio una serie di tentativi grotteschi e ridicoli da parte delle forze dell'ordine per fargli riacquistare coscienza e di fargli capire di essere il condannato, al fine di poterlo uccidere rispettando la legge. Un chiaro espediente Oshima utilizza per esprimere l'insensatezza della pena di morte, che verrà ribadita più volte nel film anche dal punto di vista teorico. Ad arricchire la pellicola vi è il fatto che il condannato è coreano, poichè in questo modo viene anche trattata la condizione dei cosiddetti "zainichi", tra povertà ed emarginazione, oltre ai difficili rapporti tra Giappone e Corea del Sud. Però, il condannato R si dimostra estraneo alla polemica nazionalista, e asserisce di aver ucciso solo per i suoi istinti e la sua solitudine; suscitando le ire della sorella che vedeva nei suoi delitti un motivo di rivendicazione coreana sui soprusi dei giapponesi in epoca coloniale. Molto bello anche l'enigmatico finale, in cui viene messo in discussione il concetto di Nazione e la sua legittimità, che si presta a più interpretazioni.