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THE BLACK DAHLIA regia di Brian De Palma

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Antonella In     8 / 10  30/12/2006 16:05:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
“Il caso più scottante dopo la bomba atomica”... …ma chi era veramente Betty Short e perché e stata uccisa? Questa domanda, implicita e costante, ricorre di continuo tra la pagine vorticose e maledette, densissime e accattivanti del capolavoro di Ellroy e alimenta, con violenza ed impeto, un’ossessione. Per far tacere i fantasmi del passato, per superare traumi dolorosi e rapporti (familiari) spezzati e irrisolti, il “re” dell’hard boiler non poteva che scegliere di fissare su carta questo caso, proprio quello più scottante, l’omicidio più efferato e misterioso d’America, ambientato nell’epoca d’oro di Hollywood, in una città affascinante e glamour, un palco a cielo aperto, il teatro perfetto in cui consumare e presentare alla luce dei riflettori l’assassinio di un’attricetta in cerca di fortuna, finita malissimo, inghiottita dal fatuo e crudelissimo mondo del cinema. La Los Angeles del 1947, cantata più volte dallo scrittore, analizzata, descritta, “vivisezionata” dal suo occhio attento, critico e impietoso, sembrava un paradiso, un luogo luccicante e patinato, ma, grattando via il sottilissimo strato di paillettes, veniva fuori una città tentacolare, magmatica e pericolosa, un calderone ribollente, sempre sull’orlo dell’esplosione, dal cuore oscuro e completamente marcio, divorata da corruzione, connivenze, compromessi, ipocrisia, speculazioni edilizie e perversioni di ogni tipo: la città degli angeli caduti, un vero inferno senza eroi, speranza e riscatto. Quest’immagine pessimista e sconfortante della città “orizzontale” ce l’aveva già mostrata Curtis Hanson con L.A. Confidential, un film che sottolineava, in modo particolare, il clima da tutti contro tutti, da western metropolitano, letteralmente intriso di sangue e violenza. Brian De Palma, invece, è interessato ad altro. La trama e i toni della storia sono particolarmente adatti al tocco hitchokiano del regista, ma sono inevitabilmente filtrati dal suo gusto personale, dalla sua filosofia e visione (estetica ed etica) cinematografica. Da sempre affascinato da temi come ossessione (soprattutto amorosa), doppia identità, eterno contrasto tra essere e apparire, trasparenza ed ambiguità, De Palma realizza un noir raffinatissimo e conturbante, dai toni cupi ma rarefatti, dalle atmosfere retrò, fumose, che ricordano in modo impressionante i gangster-movie anni ’40 per colori, fotografia, colori, suoni, sfumature, per la cura maniacale e puntualissima di scenografie (magnifiche, di Ferretti) e dettagli, e, seppur popolato di poliziotti, criminali e una fatale dark lady, paradossalmente scevro di quella violenza, di quell’orrore profondo, di quel sangue (fatta eccezione per una manciata di scene) che caratterizzano il romanzo d’origine, l’opera di Hanson e le precedenti dello stesso regista. La sua trasposizione coglie l’essenza della tragicità del fosco dramma ellroyano, ma si concentra su crti aspetti: principalmente su Bucky Bleichert/Josh Hartnett, voce narrante, nucleo emotivo e magnifico protagonista, un groviglio di tormento, angoscia , pulsioni improvvise e frasi non dette, e sulla storia della Dalia, la lunare Mia KIrshner ( lei e Hartnett sono le scelte di cast più folgoranti e riuscite), ricostruita da luminosi frammenti in bianco e nero; e poi sul triangolo tra Bucky, Kay e Lee, sull’attrazione/repulsione tra Bucky e Madeleine, soprattutto, quindi, sui personaggi e i loro complessi rapporti, sul loro contrasto essere/apparire, sui loro segreti, scheletri nell’armadio, sui recessi più nascosti delle loro anime. Il quadro che ne viene fuori è agghiacciante (come l’Uomo che ride): tutti sono colpevoli, sono bugiardi, tutti hanno la coscienza sporca, tutti sono dei perdenti, degli sconfitti alla deriva, tutti tranne Betty Short, l’unica vera vittima (sacrificale) della vicenda, la cui morte è destinata a rimanere (ormai per sempre) insoluta, per non svelare il “dietro le quinte” di miserie e peccati di quella Babilonia, sordida e spietata, mollemente adagiata sotto la scritta HOLLYWOOD(LAND). P:S.Un plauso speciale a Mia Kirshner.Bellissima e seducente, candida e peccatrice. Follemente innamorata di Hollywood e da essa ridotta ad un manichino “spezzato” con ghigno grottesco stampato in faccia. La Kirshner è meravigliosa, malinconicamente accattivante, l’elemento-sorpresa del film, quello che non ti aspetti: per lei una manciata di scene, che, però, restano indelebili nella memoria.