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ED TV regia di Ron Howard

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kafka62     6 / 10  09/03/2018 11:32:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ci sono dei film che hanno l'unico difetto di essere stati realizzati con un piccolo, ma decisivo, ritardo rispetto ad altre pellicole di analogo argomento. Basti pensare a "Valmont" di Forman, uscito dopo "Le relazioni pericolose" di Frears, e a "Train de vie" di Mihaileanu, ingiustamente oscurato dal successo di "La vita è bella" di Benigni. E' anche il caso di "Ed TV", che presenta più di una somiglianza con "The Truman Show", il film che per primo ha prefigurato le paradossali conseguenze alle quali potrebbe condurre una televisione tesa al più spregiudicato sfruttamento dell'effetto-realtà. In entrambi i casi, i personaggi del titolo sono i protagonisti di una trasmissione che manda in onda le loro vite 24 ore su 24, ma, a differenza dell'ignaro Truman, Ed ha scelto volontariamente di sottoporsi al ben retribuito esperimento. Non è una differenza da poco, perché la pellicola di Weir finisce per assumere connotazioni quasi metafisiche, con esiti che vanno ben al di là della critica dei mezzi di comunicazione di massa, mentre quella di Howard si limita ad analizzare in maniera non del tutto originale (o quanto meno sulla linea di opere più o meno classiche come "Quinto potere", "Eroe per caso" e "La seconda guerra civile americana") gli effetti perversi della TV-verità e dei relativi meccanismi psicologici di cattura del consenso del pubblico.
"Ed TV" è un film che valorizza lo spunto iniziale con una discreta dose di intelligenza (e con qualche sospetto di ipocrisia: del resto Howard è nato con la televisione), sviluppa le sue tesi con un buon senso del divertimento (grazie soprattutto agli scatenati McConaughey e Harrelson) e con qualche riflessione non banale (il protagonista che si chiede a un certo punto se è diventato famoso perché è speciale o se è diventato speciale perché è famoso, il pubblico che interviene con i sondaggi a condizionare la sua vita sentimentale), ma certi suoi passaggi finiscono fatalmente per riportare alla mente analoghe sequenze di "The Truman Show" (i siparietti degli spettatori, l'improvvisa ricomparsa del padre, la fuga notturna di Ed, l'interferenza della produzione nella scelta della partner e, naturalmente, la ribellione finale del protagonista). Proprio il finale consente però di misurare in maniera esaustiva il solco qualitativo che divide le due opere: in quella di Weir, la rivolta è quella di Prometeo contro gli dei, è una scelta a occhi chiusi (Truman non sa cosa lo attende, ed è significativo che l'ultima inquadratura sia nera) a favore della libertà contro ogni interesse e calcolo opportunistico; in quella di Howard, il protagonista ingaggia invece la lotta sullo stesso terreno dell'avversario, usando le stesse armi e le stesse regole (anche se a fin di bene) che vorrebbero sopprimerlo, ed è in questo senso un esito molto hollywoodiano, a suo modo ottimistico e acriticamente convinto che ogni degenerazione morale contenga in sé gli anticorpi necessari per debellarla e far sì che alla fine trionfi sempre (Capra docet) la bontà e l'amore.