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LA PORTA SUL BUIO regia di Dario Argento, Luigi Cozzi, Roberto Pariante, Mario Foglietti

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Alpagueur     7½ / 10  05/01/2021 20:55:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi ci sono voluti diversi mesi per guardare completamente "La porta sul buio" (Door into Darkness). Il problema è stato il primo episodio, è iniziato in un modo così noioso che ho perso interesse. Ma dopo diversi mesi ho preso coraggio e ho guardato rapidamente tutte e quattro le parti, cosa che sono felice di aver fatto finalmente.
"Il vicino di casa"
Questo non è stato il primo lavoro di regia di Luigi Cozzi (era l'oscuro "Il tunnel sotto il mondo" del 1969), ma non inizia bene. I primi 15-20 minuti sono davvero dolorosi da guardare, con molti problemi di ritmo. Non ha aiutato il fatto che lo stile fosse irregolare, le immagini molto economiche e la sceneggiatura non sembrava essere stata costruita con tanta cura. Ma quando finalmente è successo qualcosa, la scoperta di un omicidio, non si è fermato. È fondamentalmente una reinterpretazione de "La finestra sul cortile" di Hitchcock, con Mimmo Palmara come eccellente sostituto di Raymond Burr, e un finale che prende spunto da quello del gatto nero di E.A. Poe (non si contano i film thriller/horror ispirati a questo racconto, soprattutto per quanto riguarda l'epilogo...a quando è un gatto che miagola, a quando la suoneria di un orologio che improvvisamente si mette a squillare, a quando un bambino che si mette a a piangere nel momento meno/più opportuno etc.). Altra citazione è "Il cervello di Frankenstein", film comico del 1948, film che i due protagonisti (Luca e Stefania) guardano in televisione mentre sono senza luce in casa, prima di scoprire il fattaccio al piano di sopra. Ma è ancora l'episodio più debole, però tutto sommato un debutto ufficiale competente del nostro caro signor Cozzi. Direi un 6 e mezzo.
"Il tram"
Argento è tornato dietro la telecamera in questo episodio (firmandosi come Sirio Bernadotte per non sminuire la propria immagine apparendo come regista di mediometraggi per la televisione), che molti considerano essere il migliore (a mio modo di vedere non lo è). Una ragazza viene scoperta pugnalata a morte in un tram e l'ispettore Giordani (un simpatico e perspicace Enzo Cerusico) cerca di capire chi avrebbe potuto ucciderla davanti a 6-7 persone senza essere notato da nessuna di loro. Non è una storia spettacolare, ma è una prova solida che Argento è un genio (sì, lo è ancora). La recitazione è probabilmente la migliore della serie, e il mistero non è fantastico ma ha alcune idee meravigliose e semplici che appartengono alla migliore tradizione del giallo (per es. quella del 'particolare che non torna', con la ripetizione in notturna dell'esperimento con la trappola dell'interscambio), però il movente è davvero troppo scontato e l'assassino facilmente indovinabile proprio per una questione di posizionamenti (il commissario Giordani arriva a scoprire chi è solo perchè stava vicino alla vittima in quei 15-20 secondi di black-out). Buone anche le prove recitative del cast di supporto (Pierluigi Aprà, Paola Tedesco, Emilio Marchesini). Direi un 7.
"Testimone oculare"
Si dice che sia stato diretto da Roberto Pariante, ma le voci dicono che sia Cozzi che Argento abbiano fatto ampie riprese per questo thriller molto efficace. Una donna, Roberta (Marilù Tolo), quasi investe con la sua macchina una ragazza rientrando a casa durante una notte buia su una remota strada di campagna. La ragazza viene colpita e muore davanti a lei, e allo stesso tempo l'assassino (vestito con un cappotto e un cappello neri) esce dall'oscurità e sembra voglia ucciderla cercando di spararla con una pistola. Quando arriva la polizia, non ci sono prove dell'omicidio e Roberta pensa che stia diventando pazza. Lo stesso assassino cercherà poi di buttarla sotto un una corriera ma nessuno le crede. Storia classica con molta tensione, ma forse un po' prevedibile. Il finale non è stato una sorpresa, ma comunque non è un brutto episodio. Certo il movente anche qui è decisamente inflazionato, e considerata la doppia telefonata anche l'assassino facilmente intuibile, ma ho trovato interessante e inquietante il dialogo attraverso la finestra della camera da letto tra Roberta e il marito e anche la coincidenza dell'arrivo tempestivo della polizia è stata una buona soluzione narrativa, Come nei precedenti due episodi, anche qui ci sono diversi piani sequenza alternati a primi e primissimi piani e dettagli di oggetti apparentemente insignificanti, come nel tipico stile argentiano. E alcuni stacchi inquietanti ai diversi angoli della casa prima dell'irruzione finale. Direi un 6 e mezzo.
"La bambola"
L'ultimo episodio è diretto da Mario Foglietti è un progetto molto irregolare che soffre di più per essere un po' tirato. La storia è buona, ma forse non sufficiente per essere raccontata in un'ora. Un paziente scappa da una clinica psichiatrica (tutto ciò ci viene mostrato attraverso simpatiche e inquietanti riprese in POV). Un bell'uomo dall'aspetto misterioso arriva in una piccola città e inizia a seguire una ragazza dai capelli rossi, questa viene uccisa e lui inizia allora a seguire un'altra dai capelli rossi, la salva da un episodio di taccheggio (il furto di una bambola all'interno di un negozio di giocattoli) e la costringe a farlo entrare nel suo appartamento...ovviamente c'è un mistero in tutta questa storia, e ancora una volta puoi percepirlo, ma funziona ancora. E' il più sottovalutato dei 4 episodi, ma nonostante tutto sicuramente il mio preferito, perchè ci ho trovato dentro molte similitudini con altri gialli da me molto apprezzati. Già la premessa introduttiva di Argento rispetto agli altri tre è molto più inquietante: "Guardate tutta questa gente, che cammina, si agita, si muove, quante di queste persone, uomini e donne, hanno drammi, storie segrete, alcune sepolte nelle loro solitudini e nel pudore della vergogna, altre esplosive, ammalianti, altre ancora incapsulate ma pronte ad esplodere al primo trauma, al primo conflitto...il nostro film racconta appunto la storia di un'esplosione, di un cervello malato che si aggira in una cittadina, apparentemente normale, da nulla, ma in realtà incandescente, pericoloso, ad un solo scopo, uccidere, ma seguite bene la storia, con molta attenzione, non crediate di aver capito subito, avrete una grossa sorpresa nel finale e vi sfido a indovinare, prima che il film termini, chi è l'assassino". Nella parte finale mi ha ricordato molto quella pubblicitaria del suo "Tenebre" del 1982 (quando rivolgendosi agli spettatori dice "vi sfido a indovinare chi è l'assassino"). Ma ci sono diversi altre cosette interessanti, almeno per me. Una per es. è la fuga iniziale dall'ospedale psichiatrico in POV (che mi ha ricordato molto il prologo di "Halloween la notte delle streghe" di Carpenter anno 1978, con la tanto decantata soggettiva iniziale dell'assassino in piano sequenza ma anche la scena dell'aggressione all'infermiera in "Trauma" del 1993, anche quella in soggettiva). L'altra è appunto l'ambientazione ospedaliera, con tanto di trauma infantile scatenante e di psicodramma (negli altri 3 episodi invece non abbiamo alcun trauma infantile, che in un giallo che si rispetti e che voglia lasciare un segno a livello emotivo è fondamentale). Poi un'altra soggettiva a livello del pavimento verso la fine con la ricerca ossessiva della bambola attraverso tutta la casa (andito con i cocci del vaso, cucina, soggiorno, fino a fermarsi alla poltrona e alla mano penzolante di Daniela), partendo da un paio di inquadrature della cittadina prima, della finestra poi e ancora del gabbiotto dell'ascensore, tutte in campo lungo e campo totale. Ancora l'ottima interpretazione di Robert Hoffmann, nei panni dello 'psicopatico' misterioso, ambiguo, così come l'anno prima (1972) in "Ragazza tutta nuda assassinata nel parco" di Alfonso Brescia e l'anno seguente (1974) in "Spasmo" di Umberto Lenzi, un ruolo che sembra quasi confezionato su misura per lui (!). Non sembrano esserci veri momenti di suspense, salvo durante la scena di Elena nella sartoria, e la tensione sembra praticamente assente per tutta la durata del film, ma questa 'apparente' mancanza di tensione però viene ampiamente compensata dall'accumulo progressivo di mistero che circonda le figure di Elena, Daniela e appunto di questo enigmatico dottore che se ne va in giro a stalkerare ragazze dai capelli rossi e con una valigia il cui contenuto resterà sconosciuto fino alla fine. La paura esplode definitivamente quando il dottore parla a Daniela di questo "piccolo mostro" che gli aveva rubato la bambola da bambino, e che sembra decisamente collegata al trauma infantile del pazzo evaso dall'ospedale all'inizio. La sceneggiatura è stata studiata per creare nello spettatore l'illusione di assistere ad un certo svolgimento dei fatti (con continui elementi di depistaggio come per es. la foto usata dalla polizia per cercare il maniaco), ricorrendo ad un montaggio ingannevole e all'uso di soggettive tipiche di Argento, ma il cerchio si chiuderà perfettamente negli ultimi 5 minuti con quella "grossa sorpresa nel finale" di cui ci aveva parlato lo stesso Argento nell'introduzione. Usando la psicologia inversa (allontanandosi dagli elementi forzati di depistaggio come la foto di cui sopra) si potrebbe anche risalire all'assassino, certo è che la sua individuazione non è così facile come sembra. Più che altro è difficile risalire al trauma scatenante. Lo stesso psichiatra direttore dell'ospedale (l'onnipresente per l'epoca Umberto Raho) non ne era a conoscenza dato il soggetto molto poco collaborativo, e la sua fuga improvvisa è stata l'occasione quasi insperata per scoprirlo, attraverso una sostituzione di persone e uno shock indotto per risalire alle origini e alle motivazioni di tale follia. Ciò ha portato a una sorta di 'gara' fra il commissario della polizia (Gianfranco D'angelo), in procinto di beccarsi un simpatico raffreddore, e i medici ospedalieri per arrivare per primi al pericoloso soggetto e questa competizione non ha fatto altro che confondere ancora di più le idee allo spettatore. Intuizione geniale. Mi sono piaciuti davvero il trauma e il movente, finalmente ho respirato una storia drammatica di fondo da giallo serio. Un altro film che mi ha ricordato questo mediometraggio è stato "I tre giorni del condor" (1975) di Sydney Pollack, con Hoffmann che cerca disperatamente una donna sola per potersi insediare nel suo appartamento dopo la 'fuga'. Direi un 7 e mezzo bello pieno.
Quindi, è valsa la pena aspettare per vedere interamente "La porta sul buio". Il primo episodio è il più debole, ma comunque buono. L'episodio di Argento è di alta classe, un'idea originale e ha tocchi di ciò che il pubblico vedrà in seguito in "Profondo rosso" (comprese le sonorità piano/jazz di Giorgio Gaslini), mentre l'ampio utilizzo di piatti e percussioni in "Testimone oculare" ricordano molto lo score iniziale composto da Ennio Morricone per "Quattro mosche di velluto grigio". Gaslini fa complessivamente un lavoro molto buono quindi con le musiche qua e l'episodio della bambola, col suo alone di mistero, i manichini tutti al posto loro nella sartoria e il trauma infantile, che farà esplodere tutta in una volta in maniera devastante la follia dell'assassino (rimasta fino ad allora repressa), anticiperà di appena un anno l'ottimo psicothriller di Lenzi.
Voto finale 7.5 forse un po' alto ma l'episodio della bambola merita davvero. Non è casuale che il soggetto e la sceneggiatura siano di Mario Foglietti (così come la regia), questo signore aveva già scritto il soggetto per le quattro mosche di Argento due anni prima, e aveva collaborato alla sceneggiatura insieme al regista romano. Considerato che per le me le quattro mosche hanno la sceneggiatura più solida e interessante fra tutti i film di Argento, alla fine non mi devo sorprendere più di tanto. Poi quel piano sequenza iniziale (dalla stanza del manicomio alla strada) è davvero intrigante e l'assassino è...

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