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SLEVIN - PATTO CRIMINALE regia di Paul McGuigan

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JOKER1926     6½ / 10  07/01/2012 02:13:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Slevin, Patto criminale" è degno di un' ampia disamina, a fine visione, comunque vada, a discrezione dello spettatore, a prescindere da come ha valutato la pellicola, emergerà un senso di soddisfazione dovuta, ovviamente, alla rocambolesca scacchiera narrativa messa in piedi dalla regia di Paul McGuigan.
Il film non è un prodotto comune, questa è la prima cosa da dire, "Slevin", nel bene e nel male, nasconde una serie di pregi e anche qualche punto No.
La cosa che più colpisce, fra le cose positive, è indubbiamente la pazza dinamica che tocca al protagonista, a bocce ferme, ovvero dopo aver visto il film, sarà davvero sbalorditivo pensare a tutto ciò che è successo.
Se quindi, in questa analisi critica, stanno venendo fuori le artificiose macchinazioni di plot di "Slevin" da un lato, a onore del vero, devo far intaccare qualcosina, inoltrando, nel discorso, le pecche che propone "Slevin" che, plausibilmente, collimano nel termine "forzature".
Purtroppo le forzature abbracciano il film, si vive sempre in un contesto che tende verso un' irrealtà oggettiva. Il clima che si respira, nella prima parte, nel lavoro di McGuigan è quello che tende alla commedia e al grottesco, con personaggi fuori schema che smorzano la corteccia di "serietà" e tensione del film.
Si calcano quasi scenari paradossali, dunque "Slevin" si mostra come film giocoforza particolare e strizza l'occhio alle (assai discutibili) sceneggiature orientali in cui si vive sui fili di una "forzata" linea reale.
Al contempo catalogare il prodotto in un suddetto genere cinematografico diventa impresa ardua, qui siamo dinanzi ad un film poliedrico, senza un'anima prefissata bensì con una serie di variazioni di genere che vanno dalla commedia al gangster toccando il drammatico e il sentimentale; in questo fumoso "pentolone" non manca una velatura di pulp che dona un ulteriore aroma al film.
Diramando il discorso per quanto concerne il lavoro della fotografia e del cast c'è da applaudire la regia. Willis e Freeman sono le grandi firme.
Ritmo altalenante, atmosfere e scenari buoni ma troppo enfatici, ad esempio, le abitazioni dei boss, troppo sopra le righe, donano a "Slevin" un qualcosa di "barocco" troppo (ma volutamente) sovrabbondante e grandioso.

Questo del 2006 rimane un film riuscito che non fa nemmeno troppa fatica a imbottirsi di una tipicità che porta il pubblico a distinguerlo dagli altri, "Slevin" attraverso un'atmosfera e uno sviluppo narrativo "lunatico", ovvero impregnato fra diversi genere e umori, vuole intrigare attraverso il colpo di scena e il paradossale. Ricorda vagamente "I soliti sospetti" anche se qui siamo su un altro livello, dopotutto.