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SLEVIN - PATTO CRIMINALE regia di Paul McGuigan

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amterme63     6 / 10  22/07/2011 22:53:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Uno dei lasciti degli anni '90 nel cinema americano è stato quello di porre grandissima importanza in un film al modo con cui una storia viene presentata, mentre vengono tenuti in secondo piano il significato della storia e l'approfondimento dei personaggi.
Il cinema americano mainstream si affida quindi quasi esclusivamente a se stesso, alle sue strutture formali (montaggio, movimento, suono), ai suoi temi tradizionali ormai cristallizzati (rapine, lotte fra bande, vendette), tralasciando di presentare i conflitti sociali e di indagare nell'interiorità delle persone (come invece faceva il cinema di genere negli anni '70).
Il tutto si riduce allora a come colpire, sconvolgere o sorprendere lo spettatore. L'emotività è quindi l'aspetto più sfruttato nei film americani di oggi. Le opere che si prefiggono invece di "stuzzicare" l'intelligenza o l'intuito dello spettatore vengono strutturate a mo' di gioco enigmistico. Il regista in altre parole "gioca" con lo spettatore, struttura la storia in maniera da farla apparire enigmatica e inspiegabile (grazie soprattutto ad un montaggio arbitrario), "inganna" per quasi tutto il film, lascia trapelare ogni tanto qualche indizio e alla fine (come nei giornaletti di enigmistica) fornisce la soluzione, per poter permettere allo spettatore di capire se aveva indovinato o no.
"Slevin" non è altro che questo: un gioco enigmistico.
L'inizio non è che una serie di spezzoni truci e violenti, cuciti fra di loro a ritmo vertiginoso e apparentemente slegati fra di loro. La storia poi si assesta sulle sfortune di un personaggio alla Candido, sullo sfondo di una cinematografica storia di lotta fra bande mafiose rivali, con tanto di scagnozzi comici e temibili allo stesso tempo. Il ritmo è sostenuto, i dialoghi frenetici e arguti (ma superficiali). Non ci si ferma mai a pensare perché, come mai, chi sono le persone coinvolte, quale è la loro vita, cosa pensano, che storia hanno.
E' ovvio che il mondo ritratto è un mondo fittizio e convenzionale. E' ormai il mondo che un frequentatore di multisale si aspetta di trovare sullo schermo. Cinema e stereotipo cinematografico in pratica sono diventati la stessa cosa.
Peccato, perché tanti temi sarebbero stati interessanti e avrebbero potuto essere sviluppati; ad esempio il rapporto killer-bambino, come si è sviluppato psicologicamente e umanamente dopo l'"adozione". Che rimane poi di Slevin, del suo mondo? Si risolve tutto nella vendetta? Che altro c'è di Slevin oltre a questo chiodo fisso e alla cotta per la vicina di casa? Sono domande che un certo tipo di cinema ha smesso ormai di porsi, chiuso e inaridito in schemi, alla continua ricerca della sorpresa emotiva ed enigmistica.
Ciò che salva "Slevin" è la grande qualità tecnica delle riprese e soprattutto le splendide scenografie (gli interni dei palazzi).