pier91 9½ / 10 13/09/2011 00:53:12 » Rispondi "Il mondo era diviso per me in tre parti: nell'una vivevo schiavo, sottoposto a leggi inventate solo per me e alle quali io, non so per quali ragioni, non sapevo pienamente assoggettarmi; nella seconda, infinitamente lontana dalla mia, vivevi Tu, partecipe al governo, occupato a dare ordini e a irritarTi quando non erano obbediti; e infine c'era un terzo mondo dove la gente viveva felice e libera da comandi e obbedienze."
La serialità è un elemento insistito nel film. Le case tutte uguali addossate l'una all'altra, le azioni ripetitive delle operaie alla catena di montaggio, i pazienti in fila nei loro letti dopo l'elettroshock. Quella ritratta da Loach è un'umanità standardizzata, annichilita da un canone di normalità che s'è autoimposta. Generatore di questo circuito sociale ineluttabile è la famiglia. Quella della protagonista, creatura tragicamente debole, gli occhi spauriti da animale braccato, è una trappola intessuta di buone intenzioni, dogmi educativi, gesti di frolla affettuosità mascherante frustrazione. Ogni tentativo di ribellione è puntualmente represso (lo psicologo anticonformista viene cacciato via) o semplicemente muore da sé, per codardia o per rassegnazione (la sorella non si farà più viva). La fragilità congenita di Jan finirà per infettarsi e degenererà in un morbo incurabile. I genitori, aguzzini ma forse vittime essi stessi, si faranno complici (o mandanti?) di un omicidio che non lascerà scie di sangue e dunque verrà presto dimenticato. Un epilogo terribile.