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RIFF RAFF, MEGLIO PERDERLI CHE TROVARLI regia di Ken Loach

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Marco Iafrate     8½ / 10  11/10/2011 19:17:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Gentaglia! Quando si nasce poveri anziché ricchi, si cresce in un quartiere di una qualsiasi città anziché in un altro, quando le radici affondano in un suolo di miseria e di disgraziata quotidianità, è quasi automatico trovarsi a fare i conti con la triste realtà del lavoro nero, sottopagato, senza norme di sicurezza, sfruttati ed alla prima richiesta dei più elementari DPI (dispositivi di protezione individuale), licenziati.
Non ci meravigliamo di nulla, il film è girato in Inghilterra, il protagonista viene dall'Irlanda, ma qui siamo in Italia e conosciamo bene come si svolge la vita nei cantieri edili, il 90% è fuori norma, anche da noi se cade un operaio da un' impalcatura si cerca, quando è possibile, di addossargli la responsabilità ("è stato colto da malore"), se muore era solo un corpo, lo stesso corpo che quando era in vita non aveva identità, portava un falso nome, un fantasma con la schiena rotta dalla fatica e la pelle bruciata dal sole, è sempre stato così dove a contrassegnare chi lavora sono i calli sulle mani e la forza delle braccia, il rispetto e la considerazione di questa nutrita fetta della società da parte delle istituzioni sono sempre stati inversamente proporzionati alla fatica che questi lavoratori mettono al servizio di essa. Non sono mai riuscito a comprendere bene il perché nei cantieri di lavoro debba regnare incontrastata questa totale mancanza dei diritti umani, le norme di sicurezza esistono per questo, sono tutti d' accordo ad approvarle ma poi non vengono applicate.
Potrebbe sembrare un paradosso ( nel film questa sensazione si coglie molto bene) ma più un lavoro è pericoloso e meno ci si preoccupa dell' incolumità di chi lo svolge, non è un caso che nel momento in cui Larry, il più anziano, prende il coraggio a quattro mani e chiede (non pretende) al datore di lavoro degli accessori per la sicurezza propria e dei suoi compagni di lavoro, questi venga immediatamente licenziato, l'impressione è che se un impiegato degli uffici di quel cantiere avesse chiesto la sedia ergonomica per la sua scrivania perché soffre di un dolore alla schiena, non avrebbe subìto lo stesso trattamento, è la condizione di "operaio/manovale" ad incentivare il datore di lavoro a comportarsi da "padrone" e non si tratta di sottocultura o di ignoranza come parecchi benpensanti amano sottolineare, il film ci mostra chiaramente degli operai sufficientemente preparati e sensibili da non meritare il trattamento che hanno.
Il disagio sociale, un marchio di fabbrica del cinema di Loach, si estende anche fuori dal cantiere andando a toccare le corde dei sentimenti, l' intensa storia d' amore che Stevie (che in realtà si chiama Patrick ma lavora sotto falso nome), il protagonista del film, vive con Susan, una ragazza conosciuta a causa del ritrovamento di una borsa, è di quelle che non lasciano spazio all' appagante solarità che trasmette una relazione felice , fin dall' inizio tutto ci appare così opprimente, pesante, difficile da affrontare, i momenti di gioia (il compleanno di Stevie ) sono vissuti malinconicamente, senza eccessi, quasi a sottolineare il non diritto alla felicità dettato dalla condizione, un fardello inesorabile che non lascia scampo al loro rapporto, stritolandolo.
L' apparente rivincita del finale non riesce ad edulcorare una storia costruita su l' abiezione quotidiana del "sopravvivere per sbarcare il lunario", quello squallore palpabile nel quale i protagonisti sono costretti a vivere. Il lavoro dovrebbe nobilitare l' uomo, il cantiere lo declassa a numero di matricola dispensabile, semplice forza lavoro, gentaglia appunto.