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BERLIN ALEXANDERPLATZ regia di Rainer Werner Fassbinder

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elio91     8 / 10  23/12/2014 20:08:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi trovo in estrema difficoltà nel commentare il "Berlin Alexanderplatz" di Fassbinder.
Non tanto per non aver letto il romanzo di Doblin, che mi avrebbe permesso di apprezzarlo di più.
Il fatto è che è un'opera originale da un lato, innovativa nel linguaggio, sperimentale; dall'altro di una pesantezza immane, a volte didascalico nel rapporto tra testo e trasposizione, con dialoghi e scene stirate all'inverosimile.
In poche parole, Berlin Alexanderplatz è si l'opus magnum di Fassbinder, ma in queste quindici ore manca del tutto l'equilibrio. Fassbinder non si da alcun limite e l'opera, per cui nutriva un amore viscerale, ne esce fuori corazzata di ermetismo, a volte troppo ambiziosa.

Certo a pensarci è impressionante: la cinematografia tedesca in quegli anni sfornava un cinema che osava come nessun altro. Edgar Reitz concepiva e girava Heimat (il secondo è uno dei film più belli della storia del cinema); Fassbinder, prolifico, gira una trasposizione secondo molti impossibile, in 14 puntate; Herzog andava nelle foreste amazzoniche o trasportava navi nelle montagne. Poi c'è Wenders, intimista e sensibile. Tutti condividono un'epica dell'uomo, a misura d'uomo, eppure sconfinata.

Curiosa un'altra cosa: il finale di Heimat spezza il ritmo avuto fino a quel momento dal film, lasciandosi andare a spazi onirici; il finale di Berlin Alexanderplatz ("Il mio sogno da un sogno di Franz Biberkopf") fa lo stesso. Ognuno (Fassbinder e Reitz) ignorava il lavoro dell'altro. Tutti si riuniscono sotto il segno del sogno felliniano.

Le ultime due ore, l'ultimo episodio, sono imbottite di simboli, due ore tra le più coraggiose mai viste nella storia della televisione. Lì Fassbinder osa sotto tutti gli aspetti, mette in gioco tutta l'opera fino ad allora costruita, con pesantezza si, ma non così selvaggia.

"Berlin Alexanderplatz" è un'opera controversam un fiume in piena con cui ci si deve confrontare, alla fine. E che con il tempo cresce, ma nell'immediato induce lo spettatore in una sorta di masochismo intellettuale. C'è tutto Fassbinder: il rapporto omoerotico tra due uomini mediato da una donna, l'uomo comune vittima di sé stesso e della propria ingenuità, la crudeltà, il sadismo, il forte pessimismo.
Una cosa è certa: una volta visto, non dimenticherete mai più Franz Biberkopf.

Attori eccezionali, Gunter Lamprecht si prende tutto sulle spalle enormi.
Belle musiche malinconiche, così come la fotografia.
Regia che inventa, con risultati non sempre eccezionali. Sul finale, nell'ultimo episodio, si vedono le cose migliori.
Non credo sia un capolavoro, troppo squilibrato per esserlo.