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MAGNOLIA regia di Paul Thomas Anderson

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kafka62     8 / 10  26/04/2018 12:10:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dopo i tori di "Luna papa", ecco le rane. Piovono gli animali più strani, è il caso di dirlo, nei film di questo inizio millennio. Per quanto riguarda "Magnolia", la biblica grandinata suggella splendidamente, con la sua fortissima carica simbolica, un film che è stato da troppi considerato come un semplice prodotto in puro stile altmaniano (a causa dei molti protagonisti dalle storie intersecantisi), e che è invece, ben lontano dallo sguardo impassibile ed entomologico di Altman, un personalissimo trattato sulla morale dei nostri giorni, con tanto di commossa condivisione del dolore dei suoi personaggi. Personaggi che sono legati non tanto da fili narrativi contigui, quanto da un comune stato d'animo di insoddisfazione, di privazione e di sofferenza. Non è un caso che tutti quanti, ad un certo punto del film, cantino la bella canzone di Aimée Mann, che recita più o meno "non finirà, finché non impari la lezione"; e che quando il vecchio Earl, sul letto di morte, parla dell'importanza del rimpianto, la macchina da presa passi in rassegna tutti loro, quasi a rendere onnicomprensive le sue parole.
Che cosa, allora, non finirà? Per Anderson, è la speranza di cambiare, di redimersi, di dare un nuovo senso alla propria vita, perché la vita non è mai troppo corta se anche in punto di morte ci consente di pentirci e di fare i conti con il proprio passato. Già, il passato. "Tu pensi di avere chiuso col passato, ma il passato non ha chiuso con te". Torti, recriminazioni, rancori, nefandezze, tornano continuamente a galla nel film (e sono soprattutto i figli che hanno tutti qualcosa da rimproverare ai loro padri: di avere abbandonato la famiglia nei momenti di difficoltà, di avere sessualmente abusato di loro, di averli usati come fenomeni da baraccone in qualche show televisivo), spingendo i personaggi a chiedersi finalmente dove e perché hanno sbagliato, soprattutto di fronte a una morte che assume i connotati di una estrema occasione di palingenesi morale. E non vale per gli altri, per i vivi, pensare che "tanto a noi non accadrà", perché Anderson, beffardamente, è portato a inquadrare, nell'angolo di un dipinto, la frase "…eppure è accaduto". Allora la pioggia di rane diventa il monito, rivolto a una umanità allo sbando ma non ancora dannata, a svegliarsi, a non perdere tempo, ad occuparsi finché non è troppo tardi del prossimo che si preferisce ignorare: una pioggia salvifica, pur nel suo carattere grand-guignolesco, che può anche restituire magicamente la pistola (leggi fiducia in sé e negli altri) perduta dal poliziotto.
Così descritto "Magnolia" può sembrare un film un po' troppo predicatorio, di impronta (soprattutto in quel finale alla "Grand Canyon", inneggiante alla riconciliazione, alla solidarietà e al perdono) quasi religiosa. Eppure Anderson ci tiene a distanziare il discorso da ogni sovrastruttura trascendente, mettendo nell'incipit tre episodi paradossali che testimoniano di come il caso sia tutto sommato il vero regista della nostra vita. In fondo, sembra essere la morale di questo film bellissimo, e vorrei dire necessario in un panorama culturale caratterizzato da un minimalismo sempre più invadente, le cose accadono, semplicemente accadono, e spetta all'uomo e alla sua coscienza dare un senso a questo accadere.